Boris 3 e l’inevitabilità della sconfitta contro il sistema

Boris, serie televisiva in tre stagioni prodotta dal 2007 al 2010 da Wilder per Fox Italia, affronta fin dal primo episodio la tematica del fallimento e della sconfitta come condizioni esistenziali.

La maggior parte dei protagonisti, impegnati con vari ruoli sul set della mediocre fiction “Gli Occhi del Cuore 2“, è infatti costituita da personaggi tutt’altro che positivi considerabili, a vario titolo, dei vinti. Alcuni di loro, come Stanis e Corinna, appaiono infatti talmente vittime delle proprie ridicole velleità artistiche da essere ormai incapaci di percepire la realtà che li circonda mentre altri, come Duccio, sono giunti ad un tale livello di disincanto da considerare il raggiungimento del minimo indispensabile l’unico obiettivo possibile ed auspicabile.

Ma è soltanto con la terza ed ultima stagione che la sconfitta diviene qualcosa di inevitabile trasformandosi da mero sottofondo e premessa narrativa a perno centrale della trama. Mentre infatti, fino alla seconda stagione, essa appare come la naturale conseguenza dell’incapacità o della mancanza di impegno dei protagonisti in Boris 3 rappresenta l’esito inevitabile di qualsiasi lotta contro un sistema perverso che distrugge gli individui e la loro creatività.

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Parte del cast di Boris 3

Boris 3 – la trama

Boris 3 inizia con una grande svolta che coinvolge in primis René, regista di “Occhi del Cuore 2” e degli altri discutibili lavori della troupe protagonista, e, consequenzialmente, tutti gli altri personaggi: la Rete gli dà infatti carta bianca per girare “Medical Dimension”, una fiction apparentemente dotata di solidi contenuti, destinata a diventare il primo esempio di un nuovo modo di fare televisione orientato alla qualità.

L’entusiasmo di Renè, dovuto a quest’inversione di trend rispetto al recente passato, non è però destinato a durare poiché il suo genuino impegno viene continuamente frustrato da una serie di compromessi che si trova costretto ad accettare; dalla presenza nel cast del disprezzato ed istrionico Stanis all’inserimento di personaggi ridicoli alla riduzione della qualità tecnica per problemi di budget.

Ma la vera delusione arriva nel momento in cui Renè, convocato dal direttore della Rete, apprende da questi come il progetto “Medical Dimension” non sia altro che un gigantesco inganno: la serie infatti è stata creata appositamente per fallire, dimostrando in tal modo che un nuovo modo di fare televisione non è possibile e che le vecchie fiction stereotipate e banali sono ancora il futuro.

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René Ferretti ed il pesce rosso Boris, suo portafortuna, che dà il titolo alla serie

La doppia sconfitta di René

Se nelle prime due stagioni René rappresenta in tutto e per tutto lo stereotipo dell’italiano medio che si accontenta di sopravvivere svolgendo senza impegno un lavoro al di sotto delle proprie effettive possibilità, in Boris 3 egli cambia completamente.

Convinto di avere finalmente l’occasione di mostrare il proprio talento, René dà fondo a tutte le sue capacità, sacrificando salute, energie e rapporti personali (arriva infatti quasi alla rottura con il suo storico amico Duccio a causa della scarsa qualità della fotografia di quest’ultimo e del suo modo di affrontare i propri problemi con la droga) per dar vita a qualcosa di veramente artistico.

Tuttavia il suo impegno è totalmente inutile, poiché al sistema e alla sua mediocrità non è possibile in alcun modo sfuggire: il fallimento infatti è la premessa stessa del progetto affidato a René e ne rappresenta il destino ineluttabile. Quando la sconfitta sopraggiunge non è quindi una conseguenza delle azioni del regista e dei suoi collaboratori, ma una realtà presente ben prima dell’inizio dei lavori che andava semplicemente rivelata.

La sconfitta definitiva si ha però nel momento in cui René, pur di salvare dal fallimento la propria creatura, decide di trasformare “Medical Dimension” in “Occhi del Cuore 3” adeguandosi ai vecchi standard qualitativi e tornando ad abbracciare la propria pragmatica disillusione.

La sconfitta per René è dunque inevitabile dato che l’unica scelta che effettivamente gli si presenta è quella tra contrastare il sistema venendone distrutto o arrendersi alle sue logiche sprofondando nella mediocrità; una terza alternativa non è ipotizzata o ipotizzabile.

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Alessandro in una scena di “Boris – il film”, lungometraggio uscito nel 2011

La sconfitta di Alessandro

Ma non è soltanto René ad essere condannato alla sconfitta fin dal principio dato che questa, in Boris 3, appare inevitabile per la stragrande maggioranza dei personaggi. Un esempio emblematico è rappresentato dallo stagista Alessandro.

Egli infatti, giunto sul set nella prima stagione con la volontà di imparare  e la speranza di diventare un giorno regista, decide infine di accettare una raccomandazione di René per ottenere un posto da dialoghista adeguandosi al meccanismo di conoscenze e favori posto alla base del sistema televisivo presentato nella serie.

Esattamente come René prima di lui, Alessandro sembra dunque avviato ad un’esistenza di compromessi in cui l’unico modo per andare avanti sarà piegarsi alla volontà del sistema e alle sue leggi abbandonando qualsiasi ideale. L’alternativa, anche in questo caso, è rappresentata dall’esclusione e, dunque, da un’altra forma di sconfitta.

Alessandro Ruffo