Storia del romanzo picaresco: Guzmán de Alfarache

Mateo Alemán e il suo Guzmán de Alfarache

Prima di iniziare a parlare del Guzmán de Alfarache c’è da fare un’importante premessa: il genere picaresco nasce e muore con il Lazarillo de Tormes, in seguito vedremo il perché.

Con la pubblicazione e diffusione de «il Lazarillo de Tormes», la freschezza della novella picaresca raggiunge il suo splendore e la sua maggior diffusione. La popolarità di quest’opera capostipite porta molti scrittori a cimentarsi nella creazione di nuove storie picaresche, differenti tra loro ma accomunate da tratti che le richiamano tutte in quest’unico genere.

Il Guzmán de Alfarache

Nel  1599 è la volta di Mateo Alemán che dà alla luce il suo Guzmán de Alfarache.

Con svariate somiglianze con la biografia dell’autore, il libro racconta nel dettaglio la vita di Guzmán: come da piccolo abbia deciso di lasciare la casa paterna con l’intenzione di vedere il mondo e vivere avventure di ogni genere e come si sia convertito nel picaro che lo ha reso famoso per i lettori.

Al protagonista accade di tutto: viaggia, passa per le più disparate condizioni sociali ripiegando su tanti lavori di fortuna, commette crimini su crimini fin quando non viene condannato alla galera. Riuscirà ad uscirne ma è lì che scrive il suo libro di confessioni, guardando la sua vita da una posizione privilegiata: ci spiega come la conversione e l’amore per Dio gli abbiano fatto capire quanto sia stato errato il suo modo di agire.

Un quesito

Il lettore però alla fine del racconto ha una strana sensazione, forse voluta dall’autore stesso: la natura umana non può cambiare, il Guzmán dalla fanciullezza ha scelto il male ed ha continuato a seguirlo per tutto il resto della sua vita, possibile che un animo così propenso al peccato abbia cambiato rotta?

La risposta non è nemmeno tra le righe e sicuramente l’autore, a causa dell’atmosfera Controriformistica che animava il panorama del tempo, non avrebbe neanche voluto porre questa domanda, né direttamente né velatamente. Per un lettore del ventunesimo secolo però questo quesito sembra legittimo: ad ognuno la possibilità di rispondere come meglio creda.

Guzmán

Il Guzmán ed il Lazarillo de Tormes

A questo punto è utile fare un’importante osservazione: chiunque scriva un’opera picaresca guarderà sempre al Lazarillo de Tormes. Questo sia per riprenderne i tratti tipici sia per sconvolgerli e ridimensionarli. Per questo noi, che analizziamo e scaviamo nel cuore di queste opere, per parlare del Guzmán dobbiamo tener sempre presente il Lazarillo.

Le differenze

Le due opere, se paragonate, riscontrano molte differenze. Partiamo dal fatto che l’autore del Lazarillo sia anonimo mentre Mateo Alemán non si fa problemi a svelarci la sua identità;

questo, che potrebbe sembrare un dettaglio irrilevante, sta invece alla base dei due racconti: se nel primo caso l’autore si nasconde dietro l’anonimato è perché nel libro sono nascoste critiche di un certo spessore alla società del tempo, che avrebbero potuto essere la rovina dello scrittore; nel Lazarillo l’autore ci descrive la realtà e lo fa con gli occhi di Lazaro. In più l’anonimato aiuta a sostenere la finzione del racconto di cui Lazaro è protagonista e scrittore, che racconta senza filtri ma anche senza intenti moraleggianti.

Fine del genere picaresco

Nel Guzmán le cose cambiano: finisce l’anonimato ed è proprio qui che finisce il genere picaresco, come dicevamo all’inizio, perché finisce anche la finzione narrativa. Alemán nella sua storia non solo non fa esplicite critiche, al contrario, sottolinea con forza l’intento moraleggiante che c’è dietro la sua narrazione: non si limita a raccontare, nel Guzmán c’è una lezione da imparare e già nel prologo la situazione è ben chiara

“Non ridere del racconto (conseja) e approfitta del consiglio (consejo)”

Questa dicotomia “conseja”-“consejo” si ripete per tutto il libro, proprio come monito per il lettore che deve tener sempre presente il fine didattico proposto dall’autore.

Le critiche all’ “onore”

Ma cosa vuole dirci davvero Alemán? Cosa vuole insegnarci, qual è il suo consejo? Le critiche più aspre vengono sporte all’inefficace morale dell’epoca che vedeva l’onore come fonte di ogni virtù, come sanatore di tutti i mali, un onore che metteva in rilievo solo la facciata delle persone senza che ci si preoccupasse di ciò che c’era realmente dietro, una morale che mascherava e uccideva le emozioni e gli istinti più naturali.

Guzmán combatte proprio questo: una costrizione che non gli permette di esprimere appieno ciò che è. Ovviamente questo non è sempre un bene: il protagonista prende la strada della perdizione e, solo una volta raggiunto il fondo, riesce a risalire (seppur solo moralmente) grazie alla fede in Dio.

Le caratteristiche formali

Come tratti formali che differenziano il Lazarillo dal Guzmán possiamo citare il fatto che il primo sia scritto sotto forma di lettera con destinatario per spiegare il “caso”, il motivo per il quale il Lazarillo si trova in quella determinata situazione, mentre per quanto riguarda l’opera di Alemán si tratta di una “general confesión”.

Infatti non esiste un vero motivo per il quale il Guzmán racconti la sua storia, come d’altronde non esiste un vero motivo per il quale il Guzmán intraprenda la vita picara. La sua è una decisione cosciente, va via di casa alla ricerca di avventure, non è costretto dalle circostanze ad una vita di stenti come invece accade a Lazaro. Anche per questo la differenza tra i due è sostanziale: Lazaro non ha scelta, il Guzmán sceglie consapevolmente il male, lo abbraccia e ne fa un mezzo con cui vivere.

L’erronea suddivisione in scompartimenti rigidi

Questi i primi due libri più importanti del genere picaresco, questi i primi due libri già così diversi ma già così famosi e raggruppati nello stesso scompartimento.

La letteratura non può avere scompartimenti troppo rigidi, molte opere possono avere tantissimi tratti in comune eppure avranno al contempo ancora più differenze che le renderanno uniche ed alle volte anche difficili da catalogare. Il protagonista del prossimo articolo sarà un altro romanzo picaresco, il Buscón di Francisco de Quevedo, altro grande esempio di come in un unico genere possano esistere tantissime sfaccettature diverse.

Daniela Diodato