La morte della bellezza al ridotto Mercadante

La morte della bellezza: l’opera di G. Patroni Griffi al Mercadante

“Tra quelle belle labbra ansiose e poco avvezze, e forse proprio per questo, Lilandt raggiunse il suo disegno definitivo che Eugenio ben conosceva; ma la bocca non poteva contenerlo”.  La morte della bellezza,

Giuseppe Patroni Griffi.

Vari piccoli ed intensi estratti del libro di Giuseppe Patroni Griffi sono stati stampati su rigide pagine di libro, ed offerte agli spettatori che dal 24 al 29 ottobre 2017 sono andati al ridotto Mercadante a vedere lo spettacolo dal titolo omonimo diretto da Benedetto Sicca e interpretato dallo stesso insieme a Francesco Aricò. Grazioso pensiero.

Poi, la carta ha preso vita. Ovvero, nel complesso, l’effetto della pièce è stato propriamente quello della letteratura che prende forma. I personaggi sono usciti dal libro e hanno interpretato stralci della propria storia, si sono raccontati, alternando passaggi di narrativa a passaggi di pura interpretazione.

La morte della Bellezza
La morte della Bellezza

Sullo scenario di una Napoli post bellica, che ha insito in se la sua suggestione, sboccia un amore. Fra due uomini. Anzi, fra un ragazzino, Eugenio, ed un uomo, Lilandt.

La velata provocazione lanciata con eleganza dal regista prima dell’inizio dello spettacolo, è risultata una scelta interessante, che ha instaurato una “relazione” fra gli attori e i loro personaggi senza escludere da questa il pubblico, chiamato in causa anche in qualche altro passaggio, ma con delicatezza, senza spezzare troppo l’incantesimo (concordato secoli or sono fra teatro e spettatori) di essere dentro una storia, e non di doverla solo ascoltare. Equilibrio mantenuto, in questo caso, grazie al presupposto su cui fin dall’inizio si è basato lo spettacolo, ovvero un doppio binario sul quale viaggiavano parallelamente il racconto e la sua interpretazione.

Le scelte registiche azzardate non sono state poche, prima fra tutte quella del nudo integrale, che a teatro rischia facilmente di scivolare nel gratuitamente invadente, capitolando nel cattivo gusto. Ma in questo caso, il pericolo è stato sfiorato e poi con grazia aggirato.

La letteratura di Giuseppe Patroni Griffi ci insegna che quando si sa come usare le parole, non c’è nulla che non si possa dire. Finanche i dettagli più scabrosi di rapporti sessuali, piaceri intimi, pratiche amorose, lascivia languida di notti di abbandoni in talami nuziali e non. Benedetto Sicca ha cercato di mantenere la stessa linea, traslandola, però, sulle tavole di un palco.

La morte della Bellezza
La morte della Bellezza

Tutto ciò che è apparso al ridotto Mercadante, è stato un amore.

Un amore inesperto, giovane, fresco, pulito, insicuro, entusiasta, nuovo, scanzonato, passionale, spaventato, a tratti simpatico. Un amore carnale, come Lilandt, che dell’amore conosce solo la teoria, e adolescente, come Eugenio, poetico ed insicuro come una ragazzina ma non “effemminato”;  Eugenio, che bello come il sole non l’ha mai toccata, una femmina, prima di scoprire che a fargli tremare il cuore, non potevano essere i bollori del candido incarnato o delle labbra piene di una donna, ma bensì le voluttà di un uomo più grande ed in quanto a sentimenti, più inesperto di lui.

Per gran parte della storia, Eugenio si danna e cerca di ripudiare la propria natura e le proprie propensioni, che nel frattempo però, se lo divorano.

Va, viene. Scappa, torna. Abbandona, si fa attendere. Fugge, poi lontano non resiste. Rifiuta, ma non può. Ama.

Dal canto suo, Linandt, invece, aspetta. E soffre. A volte in silenzio. Un silenzio che non imbarazza, perché c’è un dolore ingombrante che, nel frattempo, riempie la scena.

La rappresentazione di un innamoramento, in tutte le sue fasi. Non di una storia omosessuale, ma di un amore in quanto essenza del sentimento stesso. Improvviso, sconvolgente e profondo. Semplice. Lontano, per sua natura, anche dallo stile gravoso con il quale scrive il suo autore. Giovane, frizzante, esplosivo. Un amore e basta, senza dimensioni di razza, sesso o specie. Un amore con le problematiche singolari che ogni essere umano può annoverare, ma un amore e basta.

La morte della Bellezza
La morte della Bellezza

La scenografia semplice di Luigi Ferrigno si è intrecciata fluidamente con la narrativa descrittiva dell’autore, sostenendola degnamente, grazie all’ausilio di pochi dettagli sufficienti a riempire la scena lo stretto indispensabile. Di contorno il supporto multimediale di Alessandro Papa. Implosiva la poesia dei fiori esotici sospesi (all’apparenza nel nulla) che fra luce e buio spariscono e riappaiono, iconici della bellezza con la quale un amante descrive il suo amato.

Letizia Laezza

 

La morte della bellezza – (Mercadante – sito ufficiale)