Protagora: dalla polis greca alla postmodernità

Protagora è uno dei protagonisti dell’intensa attività culturale che caratterizza la città di Atene nel V secolo a. C.. Il filosofo di Abdera assiste alla svolta democratica della polis, contribuendo ad allargare la partecipazione dei cittadini alla vita politica della città. Insieme a molti intellettuali del suo tempo, Protagora acquista rapidamente la fama di sophistés, ”uomo esperto di molte cose” ed in particolare dell’arte della parola.

Sofisti e democrazia

La democrazia ateniese rappresenta l’ambito entro cui si inserisce la Sofistica. L’avvento del governo democratico impone ai cittadini ateniesi un sempre più vivo interesse per tutto ciò che concerne lo Stato e lo spazio pubblico. Diventa fondamentale il confronto fra le opinioni, ma anche le discussioni e la capacità di ottenere consensi. I sofisti vengono incontro a questa necessità proponendosi come educatori del nuovo ceto dirigente. In qualità di ”maestri di cultura” assumono su di sé il compito di insegnare, dietro pagamento, l’insieme delle discipline formali funzionali all’esercizio della virtù politica. Tra tutte la retorica, come capacità di ragionare e discutere intorno ad un argomento, è presentata come la vera e propria grammatica di ogni sapere.

Protagora è storicamente il primo fra i sofisti giunti ad Atene nel V secolo. Egli ha il merito di aver avviato una rivoluzione della filosofia tradizionale, spostando l’oggetto della speculazione dalla physis alla polis.

Protagora: il rapporto uomo-mondo

La tesi fondamentale della filosofia di Protagora è riportata da Platone nel Teeteto:

L’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono.

Con questa affermazione il filosofo intende innanzitutto rivendicare la propria libertà da ogni forma di verità precostituita che trascenda l’uomo. L’uomo è il metro (metron àntropos), ossia l’unità di misura, per così dire, della realtà. Solo “l’uomo” – come singolo, come comunità, come specie – può giudicare le cose (chrémata) in base alla propria conformazione psicofisica, ai valori della società cui appartiene e alle  strutture costitutive della specie. La verità è sempre il risultato di un rapporto, mai costante, fra uomo e mondo.

Con Heidegger, si può affermare che per Protagora l’uomo, come essere-nel-mondo, si trova già sempre posto in una realtà data, perennemente mutevole, che racchiude in sé la possibilità di tutte le esperienze. Con la propria esperienza singolare, ogni individuo non fa che cogliere un aspetto del reale. Ciò che è esperito coi sensi è poi tradotto in un discorso logico, un giudizio di verità che esprime una possibilità d’essere, una conoscenza relativa al soggetto.

Nella formulazione del giudizio sulle cose, allora, risulta essere determinante anche la nostra disposizione d’animo e la cosiddetta ‘’tonalità affettiva’’ (Stimmung). Sempre nel Teeteto, infatti, leggiamo:

[…] non è possibile infatti né avere opinioni di ciò che non è, né averne in modo diverso da come effettivamente ciascuno sente; l’opinione dunque è sempre vera. Ma io credo anche che le disposizioni difettose dell’animo determinano opinioni ad esse conformi, mentre le disposizioni rette determinano opinioni diverse e queste, alcuni per ignoranza chiamano vere, io invece le dico migliori…

La verità, ovvero il discorso migliore

Protagora stabilisce un’analogia tra il medico e il filosofo. Come il medico opera una trasformazione da una disposizione corporea insana ad una migliore mediante i farmaci, così il sofista è capace di volgere l’animo verso le opinioni migliori, attraverso i discorsi e l’educazione. Non esistono, dunque, discorsi più veri di altri. Se l’opinione è sempre vera – poiché essa dipende dalla sensazione, della quale non è possibile dubitare – è necessario elevare a legge il discorso migliore. Il sofista, come medico della società, ha il compito di armonizzare i differenti punti di vista in un’intesa fondamentale per la buona riuscita della vita associata. La verità è allora, di volta in volta, l’esito di una scelta collettiva orientata verso la più utile fra le opinioni.

Protagora
La morte di Socrate, J. L. David, 1787, Metropolitan Museum of Arts.

Protagora e la lezione di Eraclito

L’asserzione di Protagora, secondo la quale l’uomo è misura di tutte le cose, non implica necessariamente un punto di vista soggettivistico. Il riferimento all’io indica che l’uomo definisce e ridefinisce se stesso sempre in relazione a ciò con cui si rapporta. Il sofista sembra negare l’esistenza di una ‘’natura umana’’ predeterminata di cui il singolo debba farsi portatore. L’ ”essenza” dell’uomo in generale e di ogni uomo in particolare si fa e si disfa all’interno di un processo dinamico che coinvolge tutta la realtà. La verità stessa è, per Protagora, un divenire ed un in-venire. Essa è inventio nel senso latino del termine, cioè l’esito di un’attività di ricerca e di creazione che si svolge nell’ambito pluralistico della comunità. La filosofia protagorea, infatti, convalida sul piano etico-politico la teoria eraclitea del flusso perenne di tutte le cose.

Rileggere i sofisti: postmodernità e complessità

Contro il concetto di una verità unica e di un sistema di ideali eterno ed universale, i sofisti difendono la relatività dei valori e l’eterogeneità delle culture, riconoscendo l’importanza della parola come strumento di costruzione di ogni forma politica. La polemica condotta da Platone ed Aristotele nei confronti dei sofisti – ”falsari della cultura” e propagandisti dell’utile – ha condizionato l’intera tradizione filosofica.

Tuttavia, nell’epoca della cosiddetta postmodernità, in cui i grandi sistemi filosofici del passato non sono più in grado di com-prendere la complessità del reale, la riscoperta di pensatori come Protagora può essere d’antidoto contro il nichilismo. Il crollo delle antiche certezze in ogni ambito, sotto la spinta della globalizzazione, ha di certo condannato al ridimensionamento il potere, preteso assoluto, della ragione. Ciò non esclude, però, che una ”ragione debole” possa far da guida nel labirinto della contemporaneità. L’uomo contemporaneo deve e può ricercare una ”verità liquida” – per dirla con Bauman – che, sebbene si presenti incerta nel suo stesso statuto, possa essere capace di salvare gli uomini dal pericolo del disorientamento.

 

Martina Dell’Annunziata

Bibliografia

G. Casertano, I presocratici, Cararocci editore, Roma 2010.

I Presocratici. Testimonianze e Frammenti, a cura di A. Laini, BUR, Milano 2016.

Platone, Teeteto, a cura di F. Ferrari, BUR, Milano 2011.

 

Fonte Media:

L’immagine di copertina è tratta dal sito http://time.com/4431034/rio-olympics-ancient-history/