Motta: quando il buonismo giudica la pubblicità

La pubblicità dei Motta sta facendo discutere tantissimo i blogger e poco gli esperti di marketing. Per chi non l’avesse ancora visto, ecco il video.

Mettiamoci nei panni del reparto marketing di Motta e facciamo due considerazioni. Siamo un’azienda forte sui prodotti diretti a mercati differenti: andiamo bene con i gelati, i panettoni sono un nostro cavallo di battaglia, ma sui prodotti da forno soffriamo troppo la concorrenza di Ferrero e Mulino Bianco. Pensiamo a quanti prodotti sullo scaffale delle merendine ed a quanto Motta sia schiacciata dai due brand citati, che si rifanno alla famiglia ed alla tradizione (Mulino Bianco) ed a energia e genuinità (Ferrero).

Il primo pensiero è che Motta debba lanciare una nuova pubblicità coerente con quanto ha sempre espresso al suo pubblico di riferimento, quindi ironia e spensieratezza (qui la precedente pubblicità). Lo fa con leggerezza e forse senza pensare di creare una reazione simile (o sì!?), realizzando il miglior colpo pubblicitario degli ultimi cinque anni perché di questo stiamo parlando. Molti studiosi di marketing e comunicazione affermano che la pubblicità debba veicolare i valori che si vogliono trasmettere per allineare ciò che il management vuole si pensi del brand con quello che pensano i consumatori, ma Motta ha fatto di meglio. Ha raccontato una storia, che è partita dalla realtà, una richiesta, ed è finita con la fantascienza (un asteroide che colpisce la mamma): una pubblicità che improvvisamente altera l’iniziale patto narrativo. Così definito:

quel tacito accordo per cui il lettore compie una parziale e momentanea sospensione delle facoltà critiche e accetta come se fosse vera una storia che sa in larga e diversa misura una storia fittizia.

In altre parole, ciò che ci fa accettare due soli su Tatooine in Star Wars, le magie di Harry Potter, Alice nel paese delle meraviglie e simili. Mentre ci mostrano una mamma che parla col figlio, arriva l’asteroide e noi lo accettiamo necessariamente, altrimenti non ci sarebbero tutti questi post ironici su Facebook a riguardo. Questo è quello che si chiama marketing virale e che, come ha dimostrato Banderas con Mulino Bianco, funziona. Infatti, l’ex brand italiano ha incrementato del 50% il suo fatturato dalla prima chiacchierata tra l’ex Zorro ed …Una gallina! Da chi è stato ripreso? Da Crozza, quindi altra pubblicità gratuita.

Il reparto marketing di Motta stappa una bottiglia di Champagne pregiato per ogni meme che vediamo in giro, per ogni post di censura o di giubilo

L’ironia pungente dei Jackal significa raggiungere oltre 1 milione di persone GRATIS.

In questa sede, dissentiamo fortemente da chi dice che la pubblicità sia morta, anche e soprattutto considerando fenomeni -italiani, ndr– come Mosaicoon. Molti di noi non guardano la tv, non amano la pubblicità eppure, dopo tutti questi post, avranno visto lo spot incuriositi e domani, vedendo i prodotti Motta, penseranno “Toh, quelli della pubblicità dell’asteroide”. Questo significa aver fatto goal nel marketing.

Con un pugno, il brand ha distrutto ogni “barillesco” scontro tra famiglia classica e tradizionale, dissacrato secoli di pubblicità di famiglie perfette, schiacciato ogni buonismo contrario alla violenza di cui tutti si lamentano. Un mondo incantato da molti ancora ritenuto unico, mentre millenial e bambini crescono con Dragon Ball, cinecomics, CSI, L’Onore e il Rispetto e Gomorra, che non sembrano proprio essere tutto questo insegnamento di bontà e cuore aperto.

Da anni, si parla di “Fun“, ossia divertimento, che la marca deve essere in grado di generare aumentando le sue conoscenza e consapevolezza teorizzando il francesismo “Bene o male purché se ne parli”. 

Volendo approfondire i concetti che tutti sciorinano con nonchalance in queste ore, possiamo anche dare un definizione di pubblicità come uno degli aspetti del marketing, altra parola di cui si abusa e alla quale vogliamo associare una definizione:

Il complesso delle tecniche intese a porre merci e servizi a disposizione del consumatore e dell’utente in un dato mercato nel tempo, luogo e modo più adatti, ai costi più bassi per il consumatore e nello stesso tempo remunerativi per l’impresa.
Questa è la prima definizione che troviamo nel mare magnum di Google, ma potremmo esprimerlo semplicemente come: l’abilità di coniugare una coerente strategia di posizionamento (sul mercato) con una comunicazione coerente con i valori che la marca vuole esprimere. Volendo esemplificare: sono Motta, faccio i panettoni e devo comunicare, ad esempio, che gli elfi stanno facendo il panettone durante il periodo natalizio o che è fatto a Milano in tutta la sua lavorazione oppure do l’immagine di una famiglia a fine cenone che mangia il mio panettone. Nei primi due casi, lavoro sulle qualità del prodotto (capita con marchi acerbi o giovani) e nell’ultimo sul benessere che la marca esprime (famiglia, unione, serenità).
L’altra variabile formidabile del marketing è il tempo ed il management di Motta l’ha sfruttato benissimo, ma proviamo ad intenderci meglio. Stiamo dicendo che la pubblicità si è evoluta negli anni? Decisamente. Volendo fare un paragone estremo, vi proponiamo qualche esempio:
“Perché tua mamma non ti lava con il giusto sapone?”, chiede il bambino bianco a quello di colore
“Guarda come -questa vernice- copre il nero”

Accetteremmo oggi queste pubblicità? Impossibile, perché il mondo è cambiato, la società occidentale ed i suoi valori condivisi non accetterebbero mai e poi mai questi spot. L’influenza ed i cambiamenti della società sono dettati in buona parte dai media che determinano ciò che è universalmente accettato. In effetti, la maggior parte delle persone al mondo muore a causa di tumori ed infarti e tutti, infatti, ci adoperiamo percepiamo come problema… L’Isis.

Pericoli percepiti ed effettivi sono fortemente influenzati dai media in maniera più o meno involontaria. Ecco perché molti autori dicono che Facebook ha avuto un successo enorme ed ha portato alla ribalta molti talenti (Francesco Sole, Diana Del Bufalo, The Jackal) grazie al Grande Fratello. L’idea di dire tutto ciò che si fa, trasmettere le proprie emozioni fino ad annullare la vita privata o metterla alla mercé di tutti con storie, foto, dirette e stati come è diventata socialmente accettata se non attraverso la dimostrazione empirica che questo fosse già stato possibile con il GF? È cambiato lo strumento, è rimasto invariato il concetto di base.

Alla fine di tutto, viene da chiedersi “E se Motta avesse concepito questa pubblicità per farci parlare di sé, scalare il ranking di Google, comparire ovunque e le stessimo facendo un favore parlandone bene oppure male?”

Ferdinando Paciolla