La tortura nell’Inquisizione: quale funzione aveva?

Per secoli si è creduto che gli inquisitori facessero un uso sadico e indiscriminato della tortura. Cosa può dirci a riguardo la scienza storica?

Una delle immagini che immediatamente associamo all’Inquisizione è, insieme al rogo, quella della tortura. Praticata con i più sadici strumenti da giudici senza scrupoli che godevano nel far soffrire gli imputati. La storiografia più recente, però, ha messo in evidenza come anche questo argomento faccia parte della leggenda nera dell’Inquisizione.

Il ruolo storico della leggenda neratortura

La leggenda nera, nata in ambito protestante per motivi religiosi e politici, continua a riscuotere un grande successo nell’opinione pubblica. Questo perché essa, a dispetto delle nuove acquisizioni storiografiche, non ha ancora esaurito il suo ruolo storico, assumendo una nuova funzione tutta legata al nostro recente passato. Come ha ricordato Adriano Prosperi, spesso dietro l’indignazione per l’Inquisizione si cela – in maniera più o meno consapevole – un desiderio di rimozione degli orrori del ‘900:

Ora, è vero come ha scritto P. Georges Cottier che spesso, nel caso dell’inquisizione, « l’evocation indignée d’un passè lointain a servi d’alibi pour l’occultation d’un passè plus récent ». Uno storico sovietico ha sostenuto, ad esempio, che una linea diretta unisce le condanne dell’inquisizione cattolica ai crematori dei campi di concentramento nazisti (senza parlare però di quelli staliniani, allora già noti). I delitti mostruosi del nostro secolo hanno tolto ogni presunzione di superiorità alla posizione da cui guardiamo il passato (Prosperi, 1998, p. 763).

La tortura: un usuale strumento di indagine

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Tortura del fuoco, non adoperata dall’Inquisizione

Per quanto possa ripugnare alla nostra sensibilità, fino al XVIII secolo la tortura è stata considerata come un utile strumento di indagine. Essa era prevista, infatti, già dal diritto romano ed era usualmente praticata nei tribunali secolari. Solo con l’Illuminismo, si pensi al Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria (1764), si cominciò a mettere in evidenza l’irrazionalità e l’inutile brutalità della pratica della tortura. Purtroppo, però, essa fu usata anche nei delitti legati alla fede, anche se in modalità molto diverse da quelle che si solitamente si immagina.

Inquisizione e tortura

La storiografia più recente ha messo in luce la moderazione nell’uso della tortura da parte degli inquisitori. Essi infatti erano consapevoli della fallacità di questo strumento e del rischio che il dolore spingesse a confessare cose a cui non si aveva mai nemmeno pensato. Per questo le confessioni estorte sotto tortura non avevano valore giuridico e dovevano essere ratificate 24 ore dopo. Si procedeva alla tortura solo in presenza di prove ritenute schiaccianti, per indurre un imputato restio alla confessione aiutandolo così – secondo la mentalità dei giudici – a convertirsi.

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Tortura per donne, esempio di immagine prodotto della leggenda nera

I metodi di tortura

Non era quindi un passaggio obbligato e vi si ricorreva di rado, inoltre almeno a partire dal 1591 era necessario ottenere il permesso a procedere dei cardinali del Sant’Ufficio. Anche i metodi di tortura erano limitati: esclusi tutti quelli che prevedessero l’uso del fuoco, della fame e della sete (come spesso si vede invece nei film o in sedicenti documentari), il metodo più usato era quello dei tratti di corda. C’era inoltre una certa attenzione anche per le qualità fisiche dell’imputato, con la supervisione di un medico che ne vagliava la capacità di resistenza. Anche se le sedute dovevano durare pochi minuti e al massimo un’ora, i danni arrecati potevano però essere gravi e procurare anche la morte dell’imputato.

Bibliografia

Garuti Adriano, 1998, La Santa Romana e Universale Inquisizione, in L’Inquisizione. Atti del Simposio internazionale (Città del Vaticano, 29-31 ottobre 1998),

Prosperi Adriano, 1998, I caratteri originali di una controversia secolare, in L’Inquisizione. Atti del Simposio internazionale (Città del Vaticano, 29-31 ottobre 1998),

Romeo Giovanni, 2006, L’Inquisizione nell’Italia moderna, Editori Laterza, Bari.

Ettore Barra