Del poco famoso Dante da Maiano, poeta e trovatore coevo di Dante Alighieri, non ci è nota nessuna informazione biografica e la sua produzione poetica è trasmessa esclusivamente dalla tarda stampa “Sonetti e canzoni di diversi autori toscani” del 1527, nota come Giuntina. Alcuni studiosi hanno a lungo sospettato che si trattasse di un falso architettato da stampatori fiorentini ma la verosimiglianza testuale e storica di quanto relato dalla Giuntina è anche acclarata con l’edizione “Dante da Maiano, Rime” del 1969 a cura di Rosanna Bettarini. Da questi dati di partenza risulta comunque impossibile collocare cronologicamente in modo preciso Dante da Maiano; è certo invece che ebbe rapporti poetici con l’Alighieri.
“A ciascun’ alma presa e gentil core”: la risposta di Dante da Maiano
“…propuosi di farlo sentire a molti li quali erano famosi trovatori in quel tempo…” (Vita nova, 1.20)
Qualcuna di queste risposte sarà andata perduta, ma quelle che ci sono rimaste sono confezionate secondo il meccanismo tipico del genere della tenzone, a cominciare dalla ripresa delle stesse rime impiegate da Dante nel sonetto d’apertura dell’opera.
“A ciascun’alma presa e gentil core
nel cui cospetto ven lo dir presente,
in ciò che mi rescrivan suo parvente,
salute in lor segnor, cioè Amore.Già eran quasi che atterzate l’ore
del tempo che onne stella n’è lucente,
quando m’apparve Amor subitamente,
cui essenza membrar mi dà orrore.Allegro mi sembrava Amor tenendo
meo core in mano, e ne le braccia avea
madonna involta in un drappo dormendo.Poi la svegliava, e d’esto core ardendo
lei paventosa umilmente pascea:
appresso gir lo ne vedea piangendo.” (Dante Alighieri, Vita Nova)
Tre sono le risposte a noi pervenute al sonetto del giovane Dante Alighieri “A ciascun’ alma presa e gentil core”, prima poesia contenuta nella vita nova e biglietto di presentazione nella società letteraria dell’epoca. La prima, e più famosa risposta è di Guido Cavalcanti, il sonetto “Vedeste al mio parere onne salute”, che lo stesso Alighieri ricorda, la seconda è “Naturalmente chere ogni amadore”, che i codici attribuiscono a Terino di Castelfiorentino o, in alternativa (ma meno probabile) a Cino da Pistoia. La terza risposta è di Dante da Maiano, che redarguisce aspramente l’allora esordiente Alighieri. Risposta definita “villana” nel commento alla sezione della Giuntina che tramanda le poesie di Dante da Maiano, e in cui l’intricata allegoria del sogno dantesco viene risolta nella manifestazione di un favoleggiare di origine patologica. L’impianto comico del sonetto “Di ciò che stato sei dimandatore” di Dante da Maiano sta nella drastica irrisione delle parole dal giovane Alighieri.
“Di ciò che stato sei dimandatore,
guardando, ti rispondo brevemente,
amico meo di poco conoscente,
mostrandoti del ver lo suo sentore.Al tuo mistier così son parlatore:
se san ti truovi e fermo de la mente,
che lavi la tua coglia largamente,
a ciò che stinga e passi lo vaporelo qual ti fa favoleggiar loquendo;
e se gravato sei d’infertà rea,
sol c’hai farneticato, sappie, intendo.Così riscritto el meo parer ti rendo;
né cangio mai d’esta sentenza mea,
fin che tua acqua al medico no stendo.”
Maurizio Marchese
Fonti:
Poesia comica del medioevo italiano, a cura di Marco Berisso, BUR Rizzoli, Milano, 2011
Dante Alighieri, Vita nova, a cura di Stefano Carrai, BUR Rizzoli, Milano 2009