Ci perdonerete il titolo ironico, ma quanto sta avvenendo dopo Brexit potrebbe far passare per sempre Theresa May come la donna che riuscì ad isolare l’Inghilterra dall’Europa, vanificare l’unione con la Scozia formalmente esistente dal 1707 e la perdita definitiva di Edimburgo: un duro colpo all’immagine del primo ministro inglese. Ma andiamo con ordine. scoxit, scoxit, scoxit, scoxit, scoxit, scoxit, scoxit
È risaputo che le percentuali che hanno portato l’Inghilterra fuori dall’Europa sono state 52% contrp 48, ma in Scozia le cose sono andate diversamente visto il 62% che ha votato per restare in Europa contro 38. Nel 2014 il referendum scozzese ha portato gli indipendentisti al 45% contro il 55% favorevole a restare al fianco degli inglesi, ma oggi i sondaggi danno Edimburgo fuori dal Regno Unito al 46-49%.
Capitolo Scoxit
Vediamo perché i dati economici sembrerebbero togliere consistenza all’idea Scoxit. Affidiamoci nuovamente ai numeri perché è giusto ricordare che il 67% circa delle esportazioni scozzesi giungono in Inghilterra e che la Scozia ha il 10% di deficit di bilancio sistematicamente ripianato da sussidi inglesi nell’ordine dei 12 miliardi annui. Ciò ha due conseguenze: la prima è che la Scozia dovrà sudare molto per entrare nell’Unione Europea qualora decidesse di adottare l’euro -si ricordi il limite di deficit di bilancio del 3%-; in secundis, sarebbe un vero e proprio suicidio nel breve periodo uscire dal Regno Unito in virtù dei rapporti commerciali con Londra, che potrebbero risentire di un’orda reazionaria post-scissione.
Fatte queste considerazioni, è necessario tenere conto un altro fattore affatto secondario sotto il punto di vista giuridico. La Scozia può indire il referendum di scissione solo previa placet del Parlamento britannico per dettato costituzionale e le parole di Theresa May in questi mesi sono state tutt’altro che accomodanti a riguardo. Innanzitutto ha dichiarato pungente “Occorre concentrarsi prima sui trattati con l’Ue e poi ci concentreremo sulle questioni interne”, ma Sturgeon ha replicato “Il referendum sarà indetto entro il 2019 perché già a metà 2018 sapremo quale sarà l’andamento delle trattative visto che gli ultimi 6 mesi saranno spesi per le ratifiche dei trattati”. Questa replica è arrivata dopo alcune affermazioni di un funzionario di Downing Street che aveva asserito “Che il referendum si svolga nel 2019 o 2020 cambia poco” e, invece, cambia tantissimo stando alle parole di Sturgeon ed alle considerazioni pragmatiche fatte in precedenza.
La paura del “disastro May” e qualche buona notizia
La bozza di accordo con l’Unione sarà inizio il 1 aprile e molti giornali si sono affrettati a dire che probabilmente sarà poco ‘punitiva’ perché Juncker sta preparando un piano di isolazionismo politico più che economico per l’Inghilterra, provando a renderla irrilevante nello scacchiere del Vecchio Continente. Se il giorno dopo il referendum su brexit, Sturgeon aveva già avanzato l’ipotesi referendum, l’ex primo ministro olandese è stato in fitto contatto con Edimburgo in questo periodo chiarendo che potrà facilmente entrare nell’Unione Europea sulla scia di Dublino. Se succedesse il Presidente della Commissione avrebbe tolto all’Inghilterra l’unico confine “terreno” (Edimburgo-Dublino) con l’Unione Europea. Un colpo politico da maestro, considerando anche i vantaggi di medio-lungo periodo che la Scozia ha già ponderato prima di proporre il referendum scissionista.
In tutto ciò, il potere contrattuale inglese sembra flebile ricordando che ufficiosamente la cifra di cui si parla da versare all’Ue è di circa 60 miliardi.
Siamo appena all’inizio, ma questi due anni di trattative si presentano ricchi di sorprese e di colpi di scena, che vi racconteremo costantemente.
Ferdinando Paciolla
Fonti media