L’aniconismo ebraico: perchè la Bibbia vietava le immagini?

Perchè l’Antico Testamento vietava le immagini? Come ha applicato questo divieto il popolo ebreo? L’aniconismo ebraico come è stato accolto dai cristiani?

«Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù in cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra (Deuteronomio 5, 8-9)». Così si legge in uno dei passi biblici dell’Antico Testamento dove si fa esplicito divieto delle immagini. Da qui l’aniconismo ebraico, in seguito fatto proprio anche dall’Islam e – solo inizialmente – dal Cristianesimo. Il divieto di fare immagini, più o meno rigidamente, è stato sempre rispettato dalla civiltà ebraica che ha quindi sviluppato un’arte aniconica.

l’aniconismo
Decorazione medievale islamica

L’aniconismo nella Sacra Scrittura

Come ha applicato questo comandamento il popolo di Israele? Non è esagerato dire che lo abbia preso alla lettera. Passi come quelli del Levitico (26,1), che esclude a priori la possibilità di erigere anche pietre “ornate di figure”, lo confermano. Ancora più chiara è la spiegazione di Mosè:

15 Siccome non vedeste nessuna figura il giorno che il Signore vi parlò in Oreb dal fuoco, badate bene a voi stessi, 16 affinché non vi corrompiate e non vi facciate qualche scultura, la rappresentazione di qualche idolo, la figura di un uomo o di una donna, 17 la figura di uno degli animali della terra (Deu 4, 15-19)

Farsi immagini vuol dire già corrompersi, quindi è vietata ogni scultura e ogni rappresentazione: di idoli (falsi dei), di persone, di animali, di astri. Perchè? Per eliminare anche solo la tentazione di adorare questi oggetti che quindi non andavano prodotti.

Un popolo senza arte?

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Il Mosè di Michelangelo

A confermare che questa è stata l’interpretazione del popolo di Israele c’è tutta la sua storia che, proprio per questo motivo, è stata notoriamente contraddistinta da una cultura aniconica. Un grande storico come Daniel-Rops, in La vita quotidiana in Palestina ai tempi di Gesù (Mondadori, 1986), ha scritto pagine molto significative, in particolare nel paragrafo Un popolo senza arte? Secondo l’autore

ciò che paralizzò sempre lo sviluppo dell’arte in Israele fu la famosa proibizione, formulata nell’Esodo e nel Deuteronomio […] L’intransigente concezione del Dio invisibile assimilava all’idolatria ogni rappresentazione di uomo e animale […] Per Israele era di gran lunga più importante salvare la propria vita spirituale che non coltivare le proprie possibilità di creazione estetica (p. 377).

L’aniconismo alle origini del Cristianesimo

Daniel Rops ricorda che ai tempi di Gesù l’arte presente in Palestina era in larga parte di origine straniera, e che la popolazione si ribellava anche solo all’idea di erigere una statua. Nell’arte ebraica, quindi, gli «unici motivi ammessi rappresentavano piante, come palmizi e cedri». Anche le monete dovevano essere prive di figure.

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Sna Paolo in un’icona del ‘400

Il Cristianesimo dei primi secoli conservò l’aniconismo, anche se questi andò sempre più sfumandosi per motivi teologici. Lo storico dell’arte Antonio Paolucci si è chiesto se sia possibile farsi un’idea del volto di san Paolo. La risposta è stata negativa. Nonostante le migliaia di ritratti antichi a noi pervenuti, ad essere raffigurato non è mai un ebreo. E san Paolo, di provenienza farisaica, difficilmente avrebbe fatto eccezione.

Besançon e l’iconofilia cristiana

Alain Besançon ha dedicato all’aniconismo uno studio intitolato L’immagine proibita. Una storia intellettuale dell’iconoclastia (Marietti, 2009). Secondo lo storico, il divieto biblico andava oltre il divieto di farsi immagini. L’ebreo doveva anche evitare di contemplare con venerazione il sole e il cielo stellato, per stroncare sul nascere qualsiasi tentazione di un culto panteistico. Quale potrebbe essere la ragione di una così «severa pedagogia divina»? Besançon la riporta alla storia di Israele segnata da diverse cadute idolatriche, come quella del vitello d’oro.

Nella visione veterotestamentaria, l’aniconismo si spiega con la convinzione della natura ingannevole dell’arte quando pretende di anticipare la visione faccia a faccia con Dio. Il rifiuto delle immagini è stato progressivamente abbandonato in epoca cristiana, Besançon individua l’origine della crisi già in san Paolo. Predicare infatti Cristo come l’immagine del Dio invisibile ha inevitabilmente aperto le porte ad una sottile iconofilia.

Ettore Barra