Passa un tram che si chiama Desiderio al Teatro Stabile

Cristian Plana dirige il tram che passa per il Mercadante

Un tram si chiama desiderio. L’altro tram, cimitero. Un tram porta con se la speranza di una nuova vita, l’altro  tram si trascina dietro il sapore del fallimento.

Se si va a dare un’occhiata al film di Elia Kazan, è più facile cogliere a pieno il senso semplice e profondo del testo. Nello specifico, sono gli interpreti a fare la differenza.

La drammaturgia di Williams funziona ancora dopo quasi settanta anni perché l’autore aveva puntato su argomenti che non passeranno mai di moda: il crollo psichico, il decadimento dell’animo umano, la passione, il desiderio carnale e l’attrazione profonda dell’uomo (inteso quale essere umano) per l’estetica che risveglia quegli istinti primordiali che c’è poco  da cercare di resistervi. Insomma, siamo fatti tutti un po’ così. Tennessee Williams lo sapeva e scrisse un bel lavoro su questi presupposti: bello e dannato come non ne sono nati altri, Marlon Brando nel 1951 esprimeva, solo a guardarlo, l’attrazione bruta e rude che prova e che provoca nella già debole Blanche (all’epoca la deliziosa Vivien Leigh), aderendo, col solo supporto della sua fisicità, ai canoni richiesti dal personaggio.  Cristiàn Plana affida i rispettivi ruoli a Massimiliano Gallo e a Mascia Musy, e rende una buona messa in scena di una di per sè efficace drammaturgia, disponibile al teatro Mercadante dal 30 novembre all’11 dicembre 2016.

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Un tram che si chiama desiderio

A sostegno di una situazione di credibile quotidianità, la scenografia di Angela Garivaghi è un effettivo mini appartamento con tanto di androne del palazzo montato sul palco, completata dalle luci di Cesare Accetta che scandiscono nitidamente il tempo con l’alternarsi del giorno e della notte. Tutto molto lineare e di facile comprensione nel complesso, nessuna particolare intuizione registica a complicare l’arrivo diretto dei messaggi voluti da Williams. Argomento che lascia un malinconico spunto di riflessione è la futilità e l’ambivalenza dei rapporti interpersonali. Una sorella maggiore che in preda ad una crisi esistenziale, estetica, economica e “cronologica” cerca rifugio dalla sorella minore, Stella. Blanche è  afflitta da un esibizionismo latente frutto della sua insicurezza, che non le permette di impegnarsi oltre il mettersi in mostra nel tentativo di  accaparrarsi attenzioni e apprezzamenti del sesso opposto; costruendosi una realtà del tutto personale e divergente da quella del resto del mondo. Sempre in cerca di conferme, che trova nei rapporti sessuali occasionali, che poi nasconde alla sorella e al resto del mondo, fingendosi donna di altri valori e di altri tempi, quasi a negare che lo stile di vita che conduce parla di lei, e della sua disperata ricerca di affetto e di presenza umana.

Secondo il personaggio tracciato, come può la rude avvenenza del cognato non diventare una taciuta ossessione per questa donna sull’orlo di una crisi di nervi? E come può Stanley, il rozzo marito di della piccola Stella (Giovanna Di Rauso) non presentarsi a quell’ “appuntamento che avevano dal primo giorno” ?  un incontro di verace istintualità. Un incontro di carne e sangue, con esito tragico per chi non sa bene premunirsi, per chi ha già i suoi problemi, i suoi abbandoni emotivi.

Stella nel frattempo è incinta. Porta in grembo il frutto di una virulenta passione e osserva dall’esterno tutto senza capire niente, o peggio, forse imponendosi di non capire niente. La Blanche senza equilibrio personale arriva a rompere gli equilibri della coppia. E quando l’unica soluzione per ristabilire l’ordine è liberarsene, “Stellina” si vede costretta ad assentire, ma con quel rammarico che non permetterà più alle cose rotte di aggiustarsi.

Una storia di passioni e debolezze umane. Nient’altro che la vita, insomma.

Letizia Laezza

Teatro Mercadante- Sito ufficiale