Max Stirner: l’Unico contro tutti

Anarchico, individualista e per certi aspetti rivoluzionario, il pensiero di Stirner stride fortemente con il contesto culturale e politico in cui si inserisce. Ciò, però, non ha invalidato né l’interesse nei suoi riguardi né la diffusione del suo scritto più importante, poi divenuto il manifesto dell’individualismo anarchico.

Chi è Max Stirner?

Nato a Bayreuth nel 1807, Stirner studiò filosofia a Berlino e in seguito ottenne la cattedra di storia. Se in un primo momento egli condivise le idee della sinistra hegeliana, diventando anche amico di Feuerbach, successivamente le sue inclinazioni anarchiche lo portarono a distaccarsene. La filosofia di Feuerbach resterà comunque un passaggio imprescindibile per comprendere alcuni snodi importanti della sua teoria. L’evento più rilevante nella vita di Stirner risale, però, al 1845 ed è la pubblicazione della sua opera più famosa: L’unico e la sua proprietà. Quest’ultima costerà al filosofo non solo la perdita della cattedra ma anche l’allontanamento dalla famiglia e il ritiro ad una fase di solitudine e inattività che durerà fino alla morte, avvenuta all’età di 49 anni.

“L’unico e la sua proprietà”, un testo controverso

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Ritratto di Max Stirner di Friedrich Engels

L’opera suscita scalpore non solo per le prese di posizione di Stirner contro lo Stato e la religione, che comunque in parte si inseriscono nell’atmosfera riformista della Germania dell’Ottocento, ma soprattutto perché, lasciandosi alle spalle l’ideale di un’umanità solidale e unita, ravvede nell’atteggiamento egoistico l’essenza stessa in cui il singolo uomo può e deve riconoscersi. La contraddittorietà insita nell’opera di Stirner e la molteplicità di alcuni temi solo accennati hanno reso il testo di difficile interpretazione e, come accade in questi casi, questa è stata spesso la causa di fraintendimenti o addirittura manipolazioni del suo pensiero, prestato così ad uno o più movimenti anche non conformi tra loro.

Nonostante ciò su alcuni temi il punto di vista di Stirner è alquanto chiaro. Egli, infatti, così esordisce nell’introduzione:

Dio e l’umanità non hanno riposto la loro causa che in sé stessi. Perciò voglio riporre anch’io in me stesso la mia causa, io che al pari di Dio, sono nulla per ogni altra cosa, e per me sono il mio tutto, l’unico.[…] Nessuna cosa mi sta a cuore più di me stesso.

Spirito e libertà

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L’unico e la sua proprietà di Max Stirner

L’individuo di cui parla Stirner non è astratto e a dimostrazione di ciò egli porta avanti una vera e propria guerra dialettica contro la nozione di Spirito, al quale non sono sfuggiti gli antichi, per averlo invocato, né i moderni, per averlo posseduto. Lo Spirito è, agli occhi del filosofo, inconoscibile in sé e per sé e pertanto l’unica possibilità di attingere ad esso è l’analisi delle sue creazioni, che però a loro volta non sono altro che cose immateriali. In questo senso lo Spirito è lontano tanto dal mondo quanto dall’uomo. Secondo Stirner lo stesso Feuerbach, nell’asserire che Dio è la proiezione dell’uomo all’esterno di sé, sarebbe caduto in errore, giacché non solo non ha tradito il dogma cristiano ma nemmeno ha inteso lo Spirito per ciò che è, cioè il nulla, e ha cercato piuttosto di sottrarlo al cielo per avvicinarlo alla terra.

Un altro tema che tira le fila del discorso è quello della libertà, che non va intesa come un ideale evanescente per il quale il popolo in lotta combatte. Si tratta piuttosto della realizzazione dell’indipendenza del soggetto, dell’affrancamento dalla volontà altrui. A tal proposito Stirner scrive:

La libertà deve dunque diventare una nostra proprietà, anziché servire ad un fantasma come sin qui è avvenuto.

Essa va inquadrata in un’accezione decisamente più concreta, perché essendo sostanza del singolo rappresenta la sua individualità unica, ma anche più originale, perché riconosce come proprio solo ciò che è dentro l’individuo. In sintesi la vera natura dell’uomo è egoista e non idealista.

Associazionismo e individualismo

Risulta, a fronte di ciò, quantomeno difficile una proposta politica valida, dal momento che Stirner è avverso allo Stato, alla religione ma anche alla libertà assoluta. Allora egli si limita a porre una valutazione su ciò che la società ha tolto all’uomo finora e su ciò che quest’ultimo può trarre a svantaggio di essa.  Se per il capitalista, infatti, il valore dell’uomo si deve al lavoro che svolge, il comunista allo stesso modo non è in grado di distinguere l’uomo dal suo lavoro, in quanto attribuisce a quest’ultimo lo scopo dell’esistenza. A questo punto Stirner giunge alla conclusione che la scelta migliore sia una forma di unione spontanea e libera, incline a far valere l’interesse personale: l’associazionismo. In tal caso il soggetto, in quanto proprietario, dispone di una maggiore libertà rispetto a quella di cui fruisce nella società e può godere di essa fin quando gli fa comodo.

In sintesi Stirner cerca di dimostrare, più di ogni altra cosa, che solo  quando l’uomo guarda negli occhi l’ipocrisia celata dietro gli ideali di moralità, sacralità e diritto, e assume un atteggiamento critico rispetto a ciò che lo circonda, può avere davvero la chance di riappropriarsi di se stesso e della sua unicità. Se all’intellettuale tedesco possono, dunque, essere mosse critiche di ogni sorta sul piano teorico e politico, nonché sui risvolti radicali della sua disamina, non ci sono però dubbi sul fatto che egli incarnò in pieno il ruolo del filosofo. Stirner fu in grado di offrire, nell’epoca delle grandi sommosse popolari, un punto di vista nuovo e originale sull’uomo, che tenesse maggiormente in considerazione l’individuo inteso come singolarità prima di ogni altra cosa.

Giuseppina Di Luna

Bibliografia

Max Stirner, L’unico e la sua proprietà, Adelphi, Milano 2016