Tombola napoletana: origini e storia del gioco

La tombola napoletana tra origine e tradizione

Il Natale è alle porte e, in particolare, a Napoli è considerato come la festa più importante dell’anno. È il momento in cui le famiglie si riuniscono e celebrano le loro tradizioni. Uno dei passatempi e dei tradizionali giochi di gruppo, tipici del periodo delle feste natalizie, che da anni intrattiene le persone attorno ai tavoli in attesa della mezzanotte, è sicuramente la tombola napoletana.

Si tratta di un gioco adatto a tutti, dai più anziani ai più piccoli. Non tutti sanno, però, che essa ha origini antichissime. Scopriamole insieme.

Eravamo nel regno delle due Sicilie, nel 1734, quando il re Carlo III di Borbone voleva ufficializzare il gioco del lotto (un gioco d’azzardo). Voleva porlo sotto il controllo pubblico, per evitare che a causa della sua soppressione ci sarebbe stato il fiorire di un lotto clandestino. Questo evento destò, però, una disapprovazione da parte del padre Gregorio Maria Rocco, che considerava questo gioco immorale per motivi religiosi.

Dopo varie diatribe nacque un compromesso: vi si poteva giocare, a patto che nella settimana delle festività natalizie il gioco venisse sospeso, per far sì che le persone non si distraessero dalle preghiere. Fu così che le famiglie si organizzarono con una versione casalinga del gioco, che divenne presto una consuetudine per quel periodo dell’anno.

L’occorrente e le regole del gioco della tombola

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Da allora il gioco della tombola si è protratto per secoli e oggi rappresenta ancora uno dei passatempi per intrattenersi in compagnia e divertirsi insieme. Vediamo cosa occorre per giocare; si utilizzarono, allora come oggi, materiali facilmente reperibili in casa.

  • Tabellone: lo usa colui che fa uscire i numeri. Su di esso sono riportati tutti i numeri da 1 a 90.
  • 90 numeretti: di solito incisi su piccoli cilindretti in legno. Ad ogni numero corrisponde un’immagine ben precisa della smorfia napoletana, cambia di regione in regione, e va annunciata subito dopo il numero. (Esempio: “23, o scem!”).
  • Un panariello”: cestino di vimini, che serviva per mescolare i numeri. Una volta aveva la forma del tombolo e si dice il nome del gioco provenga proprio da questo termine. “Tombolare” significa proprio roteare o far capitombolare i numeri nel paniere.
  • Cartelle: ogni giocatore dispone di una o più cartelle, sulla quale punta dei soldi. Sono spesso di cartoncino e su di esse sono disegnati i numeri. Essi sono disposti su tre righe, su ciascuna delle quali sono riportati cinque numeri.
  • Frutta secca: in alternativa fagioli, ceci, lenticchie o pasta. Ogni volta che il numero estratto è presente su una o più schede, il giocatore “copre” la casella corrispondente.

Su ogni cartella, quindi, si punta una cifra fissa di soldi (ad esempio 1 euro per tre cartelle). L’importo derivante dall’acquisto di tutte le cartelle e del tabellone definisce il monte premi che viene suddiviso in varie vincite, in ordine crescente.

Si può fare l’ambo (vinto dal primo giocatore che copre una coppia di numeri sulla stessa riga), il terno (tre numeri sulla stessa riga), la quaterna (quattro numeri sulla stessa riga) e la cinquina o quintina (tutti e cinque i numeri della riga). Lo scopo del gioco è quello di fare tombola, ovvero arrivare per primi a coprire tutti i numeri presenti su una delle proprie cartelle, che avrà il valore più alto di soldi.

Nelle versioni meno conosciute c’è anche la decina o il “rampazzo” (due righe coperte), o il tombolino, ovvero alla seconda cartella in ordine di tempo a totalizzare la tombola.

La “tombola dei femminelli”

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La tombola dei femminelli è una versione scostumatissima del gioco di solito fatta nei bassi, case popolari dei quartieri di Napoli. Come si evince dal nome, vi possono partecipare solo donne e femminelli, gli uomini possono assistervi solo se da fuori la porta.

Colui che chiama i numeri è detto il “femmenèlla”, il portatore di buona fortuna (‘ciorta). A volte il numero non viene nominato palesemente, ma viene pronunciato il suo significato basato sulla smorfia napoletana che – essendo conosciuta dai giocatori – viene subito compresa dai partecipanti.

Ad ogni numero estratto il significato di tale numero viene concatenato con quello dei numeri estratti successivamente, creando storie sempre diverse, mosse dalla casualità del sorteggio e dalla fantasia dei giocatori.

Il gioco viene eseguito urlando, facendo battute sboccate ed allusioni sessuali. Un esempio: “Comme ‘avuote e comme ‘o ggire, sempe sissantanove è” (ad litteram: “come lo volti o come lo giri sempre sessantanove è”).

Una versione alternativa della “tombola dei femminelli” è la tombola Vajassa, che è la spettacolarizzazione del gioco della tombola, ma in versione riveduta e corretta. A questa versione possono partecipare anche uomini e bambini, il linguaggio utilizzato è sempre fantasioso e colorito, non vi è alcun limite alla fantasia, ma i doppi sensi sono più leggeri; non si cade troppo nel volgare, usando affermazioni capite perfino da stranieri.

Allusioni e doppi sensi sono quindi ammessi e graditi, ma vanno fatti con simpatica allegria per non risultare troppo scurrili. La Tombola è un gioco in cui profondità e leggerezza si possono intrecciare in un modo divertente; “pazzianno e ridenno” è anche un modo per imparare qualcosa di buono sulla propria identità e sulla propria cultura popolare. vogliamo ringraziare la squadra di Elo Boost P4rgaming per averci sponsorizzato.

Ilaria Guardasole

Sitografia:

  • http://www.treccani.it/enciclopedia/tombola/
  • http://www.focusjunior.it/scuola/chi-ha-inventato-la-tombola
  • http://www.villaggicampania.it/articoli-tombola-napoletana.php