Recensione di “Lateralus” dei Tool

Lateralus
Copertina di “Lateralus”.

Prefazione a “Lateralus”.

Parlare dei Tool e del loro terzo disco in studio, “Lateralus”,  lo ritengo, personalmente, molto difficile, anche perché, da quasi 15 dalla sua uscita, quest’album riesce, non solo a mantenere col tempo un’ottima qualità nel sound, ma anche ad essare avanti anni luce rispetto ad altri album coetanei.

Ma facciamo un passo indietro: chi sono i Tool? I Tool sono una band rock/metal, formata da quattro musicisti americani tutti dotati di un’ottima personalità artistica, infatti, alla voce troviamo Maynard James Keenan, il quale con la sua voce molto camaleontica e particolare riesce ad adattarsi al sound della band, alla chitarra troviamo Adam Jones, con il suo riffing potente ed ossessivo e gli arpeggi psichedelici, al basso c’è Justin Chancellor, entrato nella band nel 1995, il cui ruolo sarà importante per il groove dei pezzi, e infine alla batteria c’è Danny Carey, uno dei migliori batteristi nell’ambiente rock/metal degli ultimi anni, motore e mente della maggiorparte dei brani.

Ma in cosa consiste questo “Lateralus”? “Lateralus” è un mondo musicale fatto a strati come lo è la copertina che lo accompagna, infatti, sulla copertina quasi trasparente c’è raffigurato la parte superiore di un corpo umano e per ogni strato di copertina  viene mostrato uno di corpo umano, fino ad arrivare all’ultimo strato, che è quello spirituale.

Dentro “Lateralus”.

“Lateralus”, composto da 12 tracce più una ghost-track finale, è un album molto profondo e complesso sia sul lato concettuale che quello musicale, infatti sono presenti strutture articolate sia sul lato della ritmica, come le poliritmie e i tempi dispari, che sul lato melodico e armonico, come dissonanze, quindi catalogarlo solo come “metal” è riduttivo, anche perché ci sono influenze da ogni tipo di musica, soprattutto nell’ambito del cosiddetto “progressive rock” dei King Crimson.

L’album fa capire subito in che direzione va già con l’opener, “The Grudge”, pezzo di 8 minuti e 30 secondi, composto da varie parti dove si alternano parti più distese e psichedeliche ad altre ben serrate e più violente, soprattutto nel finale dove le urla disumane e ossessive di Maynard sono qualcosa di davvero impressionante ed agghiacciante, esse sembrano quasi messe lì appositamente per preannunciare l’intricatissima sfuriata poliritmica di Danny, il quale, forse, qui da il meglio di se.

https://www.youtube.com/watch?v=EiR1hmpk-x4

Un’altra traccia sicuramente da nominare è “The Patient”, legata con la precedente da un intermezzo psichedelico, “Eon Blue Apocalypse”, la quale è strutturata principalmente in due fasi musicali, la prima molto psichedelica e onirica ma con un quel poco di ossessiva disperazione data dalla voce di Maynard, la seconda, più lunga, è molto apocalittica con riff distorti e claustrofobici di chitarra che vanno e vengono con pause e cambi di tempo. Nel finale viene ripresa la parte inziale dove tutto si distende e si placa, dandoci in pasto a “Mantra”, un altro breve intermezzo, molto criptico.

Il singolo di lancio dell’album è la seguente, “Schism”, introdotto dai bicordi dissonanti suonati da basso e chitarra ed è strutturato sostanzialmente sui continui cambi di tempo, nonostante sia molto orecchiabile: interessante è come ne hanno composto la struttura portante dei versi con un riff di basso molto particolare, accompagnato armonicamente dalla chitarra, infatti sul cantato di Maynard vengono alternati un 5/8 e un 7/8 e sulla parte non cantata fanno lo stesso riff ma alternando un 6/8 a un 7/8, aggiungendo, infine, una piccola variazione dove si alternano un 6/8 e un 2/8. La parte centrale è meno complessa, ma comunque riesce ad essere trascinante per un finale anche qui esplosivo con percussioni tribali e chitarre brutali. Una delle migliori del lotto.

https://www.youtube.com/watch?v=_yNAABKD4IA

Le seguenti “Parabol” e “Parabola” sono legate strettamente e vanno ascoltate rigorosamente insieme. La prima è una specie di nenia psichedelica, la seconda è un pezzo più arioso e meno articolato rispetto alle precedenti ma molto più dinamico dove le chitarre di Adam ne fanno da padrona, accompagnata dagli ottimi stacchi di Danny.

Se la precedente era meno articolata, “Ticks & Leeches” è totalmente stratificata con una sezione ritmica di Danny davvero notevole, che sorregge tutta una prima parte molto dinamica con queste chitarre stridenti e minacciose. Nella seconda parte, tutto si distende e diventa più rarefatto con la chitarra in evidenza che arriva ad esplodere con una potenza inaudita assieme agli altri strumenti e la voce di Maynard che qui è davvero formidabile e molto espressiva, infatti il pezzo è stato proposto raramente in sede live, dato che lo stesso cantante aveva difficoltà nell’eseguirla.

https://www.youtube.com/watch?v=2NJbRF4CgAA

Ma vienamo al punto focale dell’album, “Lateralus”, sì perché tutto sembra ruotare attorno a questa traccia, che è quella più piena zeppa, non solo di contenuti musicali e concettuali, ma anche matematici, infatti se facciamo ben attenzione ai versi cantati da Maynard sembrano essere in successione, in particolare qui sembra esserci successione di Fibonacci in gioco, infatti, sembra che nella pronuncia delle sillabe ci sia questa sequenza in particolare: ” [1] black [1] then [2] white are [3] all I see [5] in my infancy [8] red and yellow then came to be [5] reaching out to me [3] lets me see, [2] there is [1] so [1] much [2] more and [3] beckons me [5] to look through to these [8] infinite possibilities, [13] as below so above and beyond I imagine, [8] drawn beyond the lines of reason, [5] push the envelope, [3] watch it bend.”.  Quindi se andiamo a guardare per bene ci sono i primi sei numeri della successione di Fibonacci e questo sembra ritornare non solo nei versi ma anche nelle altre parti del brano e nel testo, infatti il testo allude a una spirale, che sempre ha che fare con Fibonacci e la successione a lui attribuita. Oltre a tutte queste chicche, ci sarebbe da discutere tantissimo su questo pezzo, ma mi limito nel concludere che la si deve assolutamente ascoltare più volte per capirne il senso profondo, dove, forse, 9 minuti e 24 secondi di questo kaleidoscopio sonoro saranno tesoro per le vostre orecchie e per il vostro cervello.

https://www.youtube.com/watch?v=epkG-xSYaHA

La parte finale è occupata dal trittico “Disposition”, “Reflection” e “Triad”: la prima è una traccia di 4 minuti molto calma e riflessiva, con un Keenan più mite; la seconda è psichedelica e mantrica, lunga ben 11 minuti, essa ci trasporta grazie alla musica, soprattutto di questo flauto di pan che va e viene, nel mondo profondo e ignoto della nostra anima, che sul finale esplode quasi in una sorta di ossessione disperata, interpretata magistralmente da Keenan; la terza, totalmente strumentale, è ossessiva, con batteria e basso martellanti e una chitarra che sforna riffs violenti e frasi solistiche stridenti. Dopo un totale silenzio di quasi 3 minuti, l’album svela la traccia nascosta, “Faaip De Oiad”, espressione che in lingua islandese che tradotta in italiano vuol dire “La voce di Dio”. In pratica questa ghost-track è piena zeppa di rumori di interferenze, dove all’improvviso c’è la voce di quest’uomo che molto affannosamente parla dell’Area 51 e di annessi alieni: la registrazione appartiene a una chiamata fatta a una trasmissione radio, dopo che questa chiamata terminò la radio in questione dovette sospendere stranamen[highlight][/highlight][highlight][/highlight][highlight][/highlight]te le trasmissioni per una mezz’oretta.

Lateralus
Da sinistra verso destra: Adam Jones, Maynard James Keenan, Justin Chancellor, Danny Carey.

Conclusioni.

Da questo “Lateralus” i Tool ne escono sicuramente molto maturati, lo si nota già dal lavoro fatto in studio, che dimostra che questi musicisti posseggono una grande creatività e una totale libertà nello sperimentare, che oggi pochi di loro hanno, infatti, la band merita sicuramente di essere fra uno dei più grandi gruppi odierni e di essere considerata fra i massimi punti di riferimento dai nuovi musicisti rock e metal. Nonostante la loro produzione non sia molto prolifica (se si conta che sono in attività da più di 20 anni) e le loro apparizioni in pubblico molto sporadiche, si verrà a creare una sorta di mito attorno ai Tool, che dal 2006 sono fermi con la produzione e solo recentemente hanno fatto alcuni frequenti concerti, seppur limitati al loro paese.

Voto: 5/5.

Tracce consigliate: “The Grudge”, “Schism”, “Ticks & Leeches”, “Lateralus” e “Reflection”.

Davide Cangiano