L’Adorazione nella storia dell’arte da Tintoretto a Giorgione

Che faccia parte di un ciclo delle storie di Gesù, o che esista come opera autonoma, l’ Adorazione dei pastori è uno dei soggetti più comuni nell’arte figurativa religiosa.

Venuta meno l’iconoclastia, ossia il movimento di origine bizantina che nell’Alto Medioevo portò alla distruzione di molte delle opere raffiguranti Gesù, la Madonna o una scena del vangelo, con il Rinascimento e la conseguente ricerca di perfezione e proporzioni le scene religiose si laicizzano man mano fino a perdere ogni riferimento con la natura divina, e lo stesso vale per le pitture riguardanti l’adorazione del Bambinello. Diversi artisti, di diverse epoche, formazioni, influenze, hanno preso in considerazione il tema dell’ Adorazione, interpretandolo alla propria maniera:

Leonardo Da Vinci, Adorazione dei Magi, 1481-1482, olio su tavola, Galleria degli Uffizi, Firenze

Leonardo da Vinci, che iniziò la sua opera su commissione dei Monaci di San Donato per poi lasciarla incompiuta (ma che allo stesso tempo dice moltissimo riguardo la preparazione dell’artista), sceglie di rappresentare un momento ben preciso, l’Epifania, ossia il momento della rivelazione della natura divina del bambino. Il corteo è disposto a semicerchio attorno alla sacra famiglia, e in particolare attirano l’attenzione i due alberi, che con le architetture conferiscono profondità alla scena, hanno una precisa simbologia: la palma allude alla Passione di Gesù, mentre l’alloro è simbolo della Resurrezione, quindi del suo trionfo sulla morte.

Sandro Botticelli, l'Adorazione dei Magi, 1475, tempera su tavola, Galleria degli Uffizi, Firenze

Di poco precedente è l’Adorazione di Sandro Botticelli, che ha introdotto l’innovazione adottata anche da Leonardo, ossia la visione frontale della scena, con la Vergine, San Giuseppe e il Bambinello benedicente rialzati rispetto agli altri personaggi. I tre membri della Sacra Famiglia sono disposti in modo tale da formare un triangolo su cui scende la luce divina, mentre il pavone, a destra, è simbolo dell’immortalità. I tre re magi in adorazione rappresentano le tre età dell’uomo, e nella folla figurano, in fondo, sia il committente, Gaspare di Zanobi del Lama, vestito di azzurro, sia lo stesso Botticelli, sulla destra, tramite un autoritratto (è il giovane con il mantello arancione).

Giorgione, L'adorazione dei pastori o Natività Allendale, 1500-1505, olio su tavola, National Gallery of Art, Washington

Spostandoci verso l’area veneta, anche Giorgione da Castelfranco rappresenta l’Adorazione dei re magi: a destra la scena è più scura, mentre a sinistra il paesaggio è pieno di luce. A differenza delle altre adorazioni citate, l’artista sceglie di inserire nella scena degli angioletti, piuttosto che caricare di simboli altri elementi. I volumi delle figure sono dati da un’attenta modulazione del colore, e i cui contorni non sono definiti dalla linea bensì da diversi strati di colore che tendono quasi ad unire personaggi e paesaggio.

Tintoretto, Adorazione dei pastori, 1564-1587, Scuola Grande di San Rocco, Venezia

Jacopo Robusti detto il Tintoretto nella sua Adorazione mostra di essere vicino sia al tonalismo veneto sia al tratto disegnativo di Michelangelo, e questo “mix” culmina in un particolare uso della luce come pretesto per far risaltare maggiormente i personaggi che interessano. In questa Adorazione inserita nel ciclo della Sala Grande di San Rocco, rappresenta con una prospettiva dal basso la scena, descritta con minuzioso realismo, all’ombra, su due piani illuminati soltanto dalla luce artificiale ma divina. Presso la Sacra Famiglia, inoltre, non ci sono i Re Magi ad omaggiare Gesù bambino bensì due donne.

Correggio, Adorazione dei Pastori, 1525-1530, olio su tavola, Gemäldegalerie, Dresda
Anche Antonio Allegri detto il Correggio adotta il notturno per la sua Adorazione dei pastori, la quale faceva parte di una pala di altare per Reggio Emilia. Si tratta di un notturno reso suggestivo dalla luce irradiata da Gesù bambino, e di qui c’è un contrasto tra la folla accanto al bambino, che reagisce alla luce accecante, e la Vergine che gode di quella vista senza essere disturbata. La scena sarebbe stata piuttosto statica se non fosse stato almeno per l’andamento del chiaroscuro, che conferisce all’opera eleganza e finezza cromatica.

Caravaggio, Adorazione dei pastori, 1609, olio su tela, Museo Regionale di Messina
Come già detto, man mano la scena dell’adorazione diventa sempre meno carica di misticismo, e Caravaggio inaugura una natività “povera”: quest’opera gli venne commissionata durante il suo soggiorno a Messina, e doveva far parte di una pala d’altare. Anche in questo caso come in tutte le altre sue opere, Caravaggio abbandona la rappresentazione del bello e dell’ideale, e lo stesso vale per le divinità: per esempio, la Madonna non è la vergine angelica e bella che si era abituati a vedere con le precedenti rappresentazioni, ma una donna stanca per il viaggio e livida a causa del parto.

Pieter Paul Rubens, Adorazione dei Pastori, 1608, pinacoteca civica di Fermo
Un omaggio allo stile di Caravaggio è questa Adorazione del pittore fiammingo Peter Paul Rubens, Adorazione realizzata durante il suo soggiorno romano per la Cappella Costantini della Chiesa di San Filippo Neri a Fermo, anche se nella composizione e nella resa del colore è molto più simile alla già citata opera di Correggio. Quattro angeli annunciano la nascita di Gesù, mentre i pastori giungono presso la grotta, disposti in modo quasi teatrale e in pieno stile barocco.

Rossella Cavallo