Vino: poesie di Charles Baudelaire ne “I fiori del male”

Il vivinono ha una storia antichissima e in letteratura molti autori si sono resi celebri per l’uso e l’abuso di questa bevanda. D’altronde nessuno si stupisce se si afferma che a volte l’ebbrezza aiuta la creazione poetica; inoltre, da sempre non si è persa l’occasione per inserire il vino nelle opere letterarie.

Nella letteratura greca e latina sembrano infiniti i Simposi innaffiati dal vino, e già Omero ne descrisse gli effetti e il conseguente scioglimento delle inibizioni :

“Vino pazzo che suole spingere anche l’uomo molto saggio a intonare una canzone, e a ridere di gusto, e lo manda su a danzare, e lascia sfuggire qualche parola che era meglio tacere”

vino“Il vino” di Baudelaire

Charles Baudelaire è stato forse l’unico grande personaggio della letteratura che abbia visto nel vino un soggetto per un’opera. Questo tema, anche se non è essenziale in Baudelaire, è di una certa importanza.

Il vino in Baudelaire è certamente mezzo d’evasione e pozione che aiuta la fantasia nella creazione poetica, ma tra i tentativi di fuga dalla realtà del poeta vi sono anche l’erotismo, la “rivolta” contro Dio e, infine, “la morte”.

Il poeta francese, però, rivolge particolare attenzione al vino in diverse occasioni della sua produzione: ad esempio, nell’opera dedicata all’uso e agli effetti delle droghe I paradisi artificiali dedica al vino, nella prima parte dell’opera, dal titolo Le haschisch, un suo particolare inno, come introduzione a quel mondo, le cui porte vengono spalancate: il vino è mezzo d’evasione e d’ispirazione allo stesso tempo.

Nella celebre raccolta I fiori del male, la poesia Le Poison si apre con il vino che calma la disperazione di un cuore solitario, e per l’effetto del suo vapore rosso rende la realtà piacevole e lussuosa:

“Il vino a una bettolaccia grigiastra

dà uno sfarzo incantevole,

e fa sorgere portici di favola

nella bruma rossastra,

come un sole che tramonti tra nuvole.”

vinoMa andando avanti nella lettura di Baudelaire ci imbattiamo, sempre all’interno de “I fiori del male”, in una sezione di cinque poesie, intitolata proprio “Il vino” che segue immediatamente quella dedicata ai “Quadri parigini”, dove Parigi è ritratta avvolta in un’atmosfera cupa e degradata, dove la nebbia offusca il poeta e la sua mente estraniandolo da qualsiasi legame con gli altri cittadini; in tale solitudine, il poeta si sente costretto ad abbandonarsi a vino e droghe come unici rimedi possibili alla realtà circostante.

La prima delle poesie della sezione è “L’anima del vino” dove Baudelaire dà voce al magico liquido: l’anima della bevanda dalla sua “prigione” di vetro, parla al consumatore, e annuncia con consapevolezza la sua funzione consolatrice quando piomba “nella gola d’un uomo sfibrato dal lavoro” il cui petto è per il liquido meglio di una “fredda cantina”. Nei versi finali si esalta la funzione ispiratrice e la creatività che ricava il poeta dal consumo di vino:

“In te farò cadere la vegetale mia

ambrosia, raro seme che il gran Seminatore

sparge perché dal nostro amore poesia

nasca e verso Dio salga come un prezioso fiore”

Il secondo componimento della sezione è “Il vino degli straccivendoli”. Qui Baudelaire sottolinea il carattere consolatorio del vino anche negli “ultimi” che vivono nei bassifondi di Parigi.

“…il vino in mezzo al coro

dell’umanità frivola fa trascorrere l’oro,

nella gola dell’uomo le sue avventure canta:

poiché profonde doni, come un vero regnante.

 Per spegner il rancore, cullare l’indolenza,

di quei vecchi che muoiono, maledetti, in silenzio,

Dio, pentito, creò il sonno, le sue fole.

L’uomo vi aggiunse il vino, sacro figlio del sole”

La terza lirica del vino, e forse tra le più note, è “Il vino dell’assassino”, dove Baudelaire, spinto da un impulso oscuro arriva ad uccidere la sua donna: In questa lirica, i versi di Baudelaire esprimono il gesto esasperato e liberatorio di una natura eccessiva, che il vino contribuisce a sconvolgere. Si mette in atto un’atrocità senza pretesto, da cui, alla fine del componimento, deriva un’indifferenza assoluta nello spirito del poeta:

“È morta la mia donna: sono libero!

Posso bere, sicché, quanto mi pare…

[…]l’amavo troppo, e per questo le ho detto:

«Cara, devi lasciare questa vita ».

Nessuno mi capisce…..”

 

 “Eccomi libero, solo, deciso

a bere, fradicio, l’ultimo sorso.

Ora, senza paura né rimorso,

mi sdraierò per terra, e, così steso,

cadrò nel sonno come fossi un cane!

Il carro, con le sue pesanti ruote,

carico di pietrame e di rifiuti,

o l’infuriato vagone potranno

schiacciare questo mio corpo colpevole,

oppur tagliare a metà questo mio

tronco: per me, me ne infischio di Dio,

della Santa Eucarestia e del Diavolo.”

Nella quarta poesia della sezione, “Il vino del solitario”, Baudelaire elenca i piaceri a lui più cari: l’amore carnale e libertino, il gioco d’azzardo e la musica. Questi piaceri vengono confrontati all’ebbrezza, il piacere che fra tutti predilige il “narratore solitario” alla fine della poesia:

“tutto questo non vale, o bottiglia profonda,

i profumi struggenti che il tuo ventre fecondo

trasmette al pio poeta, alla sua accesa mente.

Gli versi la speranza, la gioventù, la vita

e l’orgoglio – tesoro di chi, frusto, mendica-

che ci fa pari a Dei, nella gloria trionfanti”

Il quinto ed ultimo componimento della sezione è “Il vino degli amanti”. Qui il poeta esprime le sue sensazioni nel conciliare amore e vino. Inizia col poeta, euforico nello stato d’ebbrezza, che incita la sua amante a partire “a cavallo de vino”, e sente il piacere che cerca attraverso la corsa a cavallo, che è qualcosa di così divertente da fare in coppia, una sorta di celebrazione dell’amore reciproco. C’è un senso di libertà che sembra procurato dall’ebbrezza. Sul finale, in questa poesia, il vino sembra creare un meraviglioso mondo del sogno in cui due esseri si evolvono:

“Mollemente cullati sopra le ali

di un turbine che sale con sapienza

in un delirio che insieme ci assale,

affiancati in armoniosa alleanza,

fuggiremo, sorella, abolendo ogni

attesa, nel paradiso dei sogni.”

vino

Il vino è evocato da Baudelaire in una logica d’evasione dalla realtà, così è per “gli straccivendoli”, “i poeti”, “i solitari” e “gli amanti”: il vino come unica possibilità di vivere pienamente fuggendo la miseria dell’esistere.

Dai versi dedicati al nettare di Bacco però, questo sembra essere qualcosa in più: un’immagine, un’idea vivificante, un eccessivo sviluppo poetico, un’abrasiva critica sociale ed è comunque un tema letterario caratterizzante dell’opera di Baudelaire. Il vino per Baudelaire ha un’anima, è personificato, in questi componimenti sembra essere un vero e proprio compagno di viaggio o, addirittura, il viaggio stesso.

Maurizio Marchese

 

Bibliografia:

Charles Baudelaire, I fiori del male, traduzione a cura di Antonio Prete, Feltrinelli, Stampa Nuovo Istituto Italiano d’arti grafiche – BG 2010

Sitografia:

https://it.wikiquote.org/wiki/Vino#Charles_Baudelaire