L’8 Dicembre è una data che ha segnato in modo indelebile tutta la scena musicale, soprattutto quella metal, che, da quel momento in poi, cambierà per sempre il suo approccio alle performance live. L’8 Dicembre del 2004 Dimebag Darrell, chitarrista, compositore principale, nonché fondatore dei Pantera, veniva ucciso da uno squilibrato proprio mentre si stava esibendo con il suo nuovo gruppo, i Damageplan. Quel giorno, oltre a quello che viene definito il miglior chitarrista metal di sempre, persero la vita altre tre persone: un addetto alla sicurezza, un impiegato del locale presso cui si teneva il concerto, e un fan, salito sul palco per cercare inutilmente di rianimare il suo idolo.
Nonostante Dimebag Darrell non sia stato il primo artista a morire in maniera violenta, la notizia della sua morte ebbe un’eco mediatica pari, se non addirittura superiore, a quella di John Lennon: mai era successo che un artista tanto acclamato e tanto amato venisse ucciso, in maniera così brutale, durante uno show. Da quel momento in poi, i concerti, sia metal che non, conobbero un aumento delle misure di sicurezza: molti più uomini furono messi a tutela delle band che si esibivano, arrivando quasi ad azzerare il contatto con il pubblico, per il timore che, tra i fan, potesse nascondersi l’ennesimo squilibrato pronto ad entrare in azione.
Ma non siamo qui per l’ennesimo e scontato articolo commemorativo per la tragica morte di uno dei chitarristi metal per antonomasia; noi preferiamo dare un ricordo diverso, ponendo l’accento su quello che Dimebag Darrell sapeva fare meglio: il rock.
Dimebag Darrell: una vita per il rock.
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Nato a Dallas, ed orgogliosamente texano fino al midollo, Darrell Lance Abbott, che in seguito adotterà il nome di Dimebag Darrell, trascorre la sua infanzia nello studio di registrazione del padre, dove avrà la fortuna di vedere dal vivo e di conoscere molti tra i più importanti musicisti blues dei suoi tempi, che ne influenzeranno lo stile. Ma tutto cambiò quando conobbe Ace Frehley, storico chitarrista dei KISS, in occasione della registrazione di un suo disco; Ace divenne presto l’idolo del chitarrista americano, che prenderà il suo sound come punto di riferimento per poi elaborare il suo unico e riconoscibilissimo stile, che influenzerà moltissime band per i successivi dieci anni.
Quando metal, blues e groove si uniscono.
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Dopo un brevissimo periodo glam, i Pantera, a seguito dell’entrata in formazione di Phil Anselmo, cantante di matrice hardcore, avranno un radicale cambio artistico, proponendo un personale ed aggressivo thrash metal, caratterizzato dal groove dei riff di chitarra di Dimebag Darrell, seguiti dalla doppia cassa della batteria del fratello Vinnie Paul. A differenza dei Big Four of Thrash, ovvero di Metallica, Megadeth, Slayer ed Anthrax, che puntavano su riff serrati, veloci ed anche tecnicamente complessi, i Pantera ponevano l’accento sul groove: strutture ritmiche di grande impatto e facilmente comprensibili che, negli anni a venire, fecero la fortuna di gruppi come Mudvayne, Drowning Pool, Fear Factory, Devildriver e, sopratutto, Lamb of God.
Dimebag Darrell non fu solo un abile ritmico, ma fu anche uno dei più grandi solisti che la storia del metal abbia mai conosciuto. Nonostante la sua conoscenza della teoria musicale, come da lui stesso dichiarato in varie interviste, fosse piuttosto limitata, il suo amore per il rock, per l’heavy metal di matrice più classica, nonché per il blues e il country, fece di lui un chitarrista unico nel suo genere. Nei suoi assoli era possibile distinguere, a seconda dei casi, l’aggressività di Ace Frehley, il tapping di Van Halen, uno dei suoi idoli indiscussi, ma anche il gusto bluesy e melodico di B.B. King e di Chuck Berry.
Una grande e pesante eredità.
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Nonostante molti di noi ancora si chiedano cosa avrebbe potuto ancora esprimere Dime se quel maledetto 8 Dicembre non fosse stato il giorno del suo ultimo show, quello che ci rincuora è che, nonostante il metal non abbia mai goduto, purtroppo e per fortuna, della simpatia delle critiche mondiali, la sua arte è ancora viva, perché, come recita l’epitaffio sulla sua lapide, “egli venne per fare rock… e lo fece come nessun altro”.
Claudio Albero