Simone Martini: arte a servizio del potere angioino

Simone Martini a Napoli: il contesto storico

Il trecento napoletano, da Carlo I d’Angiò a Roberto il Saggio, fu caratterizzato dall’egemonia politica e culturale angioina grazie alla quale Napoli divenne coacervo di personalità intellettuali e artistiche estremamente vivaci.
La pala che ritrae San Ludovico di Tolosa che incorona il fratello Roberto d’Angiò è autografa e porta la firma di Simone Martini. Vasari racconta che l’artista, miniatore e pittore, nacque intorno al 1284 a Siena.

Simone fu allievo di Duccio di Buoninsegna, esponente autorevole della scuola gotica senese, formazione fondamentale per la ricezione del realismo giottesco cui l’artista entrò in contatto. La sua fama si diffuse rapidamente: Assisi, Napoli, Pisa, Orvieto accolgono l’estro creativo del Maestro, conquistando in breve tempo anche il favore della corte papale di Avignone.

Simone Martini lasciò segno tangibile della sua maniera presso la Corte napoletana, diventando ‘partigiano’ dell’ideologia angioina.
La genesi della commissione è da ricondurre all’esigenza di re Roberto di mettere a tacere le accuse di aver spodestato suo fratello Ludovico, vescovo di Tolosa e canonizzato nel 1317.

La tavola (200×138 cm), dotata di predella (56×205 cm) narrante cinque episodi della vita di San Ludovico, risponde alle ambizioni politiche della dinastia angioina, perpetuate mediante il concetto della beata stirps; tema ricorrente nella politica di propaganda francese, finalizzato ad ostentare la potenza della Corte esaltando la santità dei suoi membri. Ed è proprio su questo palcoscenico politico che si inserisce il San Ludovico di Simone Martini: misticismo laico, legittimità del potere dinastico contraddistinguono l’opera che oggi è conservata al Museo Nazionale di Capodimonte.

San Ludovico di Tolosa Simone Martini

Descrizione

Simone Martini costruisce la composizione secondo la maniera gotica, prediligendo la visione frontale e colori che richiamano la regalità. La tavola è impreziosita da una cornice esagonale, caratterizzata dal giglio angioino in rilievo che ricorre ossessivamente e dal rastrello che differenzia il ramo cadetto angioino con quello principale della casa reale di Francia.

La disposizione delle figure non è affatto casuale: esse si stagliano su uno sfondo di foglia d’oro punzonato, simile ad un manufatto d’oreficeria. L’iconografia aderisce al rispetto della santità e della regalità dei personaggi rappresentati. San Ludovico, straordinariamente imponente, è raffigurato nel momento in cui due angeli gli pongono sul capo la corona celeste mentre lo stesso incorona Roberto, inginocchiato.

Il vescovo, dal volto tenero e imberbe, ha il capo fasciato dalla mitra; sontuosamente abbigliato dal piviale purpureo arabescato e bordato in oro, regge con la mano sinistra il baculo pastorale. Tuttavia la preziosità e l’eleganza si scontrano con la sobrietà del saio francescano che Ludovico indossa. Questi dettagli esprimono la singolare spiritualità angioina contraddistinta da un legame con il pauperismo francescano e dalla necessità di esibire la supremazia del blasone familiare.

L’artista riesce a suggerire la resa tattile degli oggetti grazie all’impiego di materiali di diversa natura: il fermaglio circolare che tiene fermo il mantello di Ludovico è un disco di vetro smaltato, anch’esso ornato dalla croce di Gerusalemme e dal giglio angioino.

simone martini stemma

L’audace pionierismo di Simone Martini non tradisce l’animo gotico che lo contraddistingue. La figura del Santo, rigida e inespressiva, vive in una dimensione ieratica e oltremondana. Il Santo ha rinunciato alla gloria terrena per conseguire la santità e rivolge uno sguardo intenso all’osservatore. L’immagine di Roberto, ritratto con testa bionda riccioluta e mani giunte in preghiera, è la prima sicura rappresentazione del re vivente e denuncia l’evoluzione della caratterizzazione ritrattistica in epoca gotica.

Re Roberto
simone martini 1

La staticità viene meno nella predella sulla quale l’artista, con autorevolezza, si firma SYMON DE SENIS ME PINXIT. Simone Martini articola gli episodi della vita di Ludovico in uno spazio porticato indagato prospetticamente. L’intuizione giottesca sulla terza dimensione empirica è nota all’artista e si evince dalle modalità con cui concepisce gli scorci architettonici sullo sfondo.

Predella

Il progresso ottenuto rispetto alla precedente tradizione bizantina è straordinario. Gli episodi della predella, unificati da un punto di vista centrale, sono un esempio di rigorosa spazialità, le figure vivono concretamente il territorio in cui le vicende prendono vita. La sensibilità coloristica di Simone Martini deriva dalla scuola di Duccio, ad essa si aggiungono l’espressività dei gesti e la sofisticatezza con cui tutto è congegnato.

Serena Raimondi