Parole intraducibili in altre lingue

Nell’esporre il discorso sulle lingue in via d’estinzione abbiamo parlato del patrimonio inimmaginabile che ogni lingua possiede: parte sbalorditiva di questo patrimonio sono le parole intraducibili, ossia determinate parole che non trovano proprie corrispondenti in altre lingue del mondo, permettendo di raffigurare concetti altrimenti inesprimibili senza ricorrere a lunghe perifrasi.

Ogni lingua ha alcune parole intraducibili, attraverso cui si possono comprendere le sensibilità e le attitudini di culture e popoli sia lontani che vicini rispetto a noi.
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Waldeinsmkeit (tedesco): la sensazione scatenata dall’essere solo in un bosco

‘A cazzimma, altrimenti detta in quattro righe

Una parola: cazzimma. Oppure: furbizia opportunistica e cinica, comportamento teso a ottenere il proprio esclusivo tornaconto senza preoccuparsi del poter nuocere ad altri, attitudine risoluta alla cattiveria immotivata e all’approfittarsi delle situazioni, atteggiamento deciso e talvolta aggressivo interpretato come espressione di personalità. Una parola contro quattro righe. Eppure, sono la stessa cosa. Anzi, le quattro righe fitte, estrapolate da una parte della definizione della parola che ha provato a dare la Treccani, non riescono a sviscerare completamente tutte le sfumature che cazzimma evoca a un napoletano. Cazzimma si è sviluppata a Napoli perché solo in questa città possono coesistere definizioni così distanti tutte insieme. E così traccia un identikit già a partire dal suono di un certo tipo di napoletano, di cui non bisogna diffondere erroneamente lo stereotipo ma che, innegabilmente, esiste.

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Jayus (indonesiano): una barzelletta raccontata così in maniera così pessima e poco divertente che non si può fare a meno di ridere

Dall’odore di pioggia al motivo per cui ci si alza al mattino

Come cazzimma esistono centinaia di parole in tutte le lingue del mondo. L’inglese, lingua di regioni dove la pioggia è un’abitudine, ha il petrichor, il profumo della pioggia che batte sulla terra asciutta. Il tedesco, con la caratteristica particolare delle “parole composte”, riesce a esprimere in singole parole concetti chilometrici, come elektriztatsirtschaftsorganisationsgesetz, la legge per l’organizzazione dell’industria elettrica, e glaichgewichtsdichtegradientenzentrifugation, l’equilibrio di sedimentazione della centrifugazione differenziale, o, per guardare i casi più curiosi o belli, anche backpfeifengesicht, quella che a Napoli si chiama faccia ‘e schiaffi, una faccia degna di essere schiaffeggiata, oppure sitzpinkler, l’uomo che si siede per fare pipì, una variante assai specifica dell’italiano femminuccia. Per dimostrare che, in fondo, anche loro hanno un cuore, per i tedeschi esiste la meravigliosa sehnsucht, desiderio interiore rivolto a chi si ama fortemente combinato a un doloroso struggimento che si prova nel non poterlo raggiungere, e la purezza dei cristalli di ghiaccio che si formano sul terreno gelato quando l’aria è fredda si sintetizza in eisblume. Nell’Italia meridionale, dove si mangia alle due del pomeriggio se tutto va bene, verso le tre si prende l’abbiocco, una pesantezza combinata a sonnolenza data dall’orario e dal cibo sullo stomaco che può concretizzarsi nella controra, l’orario pomeridiano comune più o meno a tutti nel quale si dorme per un’ora o due, o il riposino stesso per metonimia. Le lingue orientali, da sempre intrise di concetti filosofici e zen, ci regalano parole meravigliose come ikigai, il motivo per il quale ci si alza al mattino, o wabi-sabi, la filosofia di vita che si concentra nel trovare bellezza nelle imperfezioni e nell’accettare pacificamente l’ordine naturale di crescita e odio.

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Komorebi (giapponese): la luce del sole che filtra dalle foglie degli alberi

Da lingue a noi sconosciute, concetti inarrivabili

La Danimarca e i suoi paesaggi naturali evocano uitwaieen, camminare nel vento per liberare la mente, e la Finlandia abbatte lo stereotipo sulla durezza dell’uomo scandinavo con gigil, la necessità irrefrenabile di strizzare e spupazzare qualcosa di carino, e haaveilla, immergersi in sogni ad occhi aperti. Dall’arabo una filosofia di vita pura e stupefacente, la speranza che la persona che ami viva più a lungo di te così da risparmiarti il dolore di una vita senza di lei, racchiusa nella parola ya’aburnee. Il lessico zulu dona alle lingue del mondo il contrario di un incubo, una sorta di sogno paradisiaco, un bilita m’pash, e quello ya’ghan mamihlapinatapai, il guardarsi negli occhi reciprocamente sperando che l’altra persona faccia qualcosa che entrambi desiderano ardentemente ma che nessuno dei due vuole fare per primo. La delicatezza di un gesto d’amore come il passare delicatamente le dita fra i capelli di qualcuno, invece, esiste in portoghese brasiliano, ed è la cafunè. In una notte turca, il riflesso della luna nell’acqua illuminerà Ankara e sarà un yakamoz. Il coreano, infine, esprime con nunchi la sottile arte di percepire gli stati d’animo degli altri, una sensibilità più specifica.

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Iktsuarpok (inuit): la sensazione di attesa che ti porta a guardare fuori continuamente per vedere se qualcuno sta arrivando

Il valore delle parole

La diffusione di una lingua non è mai direttamente proporzionale al suo valore. È questo il senso più importante da dare a questa galleria di parole/ritratti a volte stupefacenti, a volte curiosi, a volte divertenti, ma inconfondibili l’uno dall’altro. Come è emerso parlando delle lingue in via d’estinzione, ogni lingua possiede dei diamanti incastonati nella sua collana, e ogni lingua può prendere in prestito quelli altrui, arricchendo il proprio vocabolario senza derubare nessuno. Se due persone si scambiassero un euro, rimarrebbero con un euro a testa; se si scambiassero un concetto, un’idea, un pensiero, ritornerebbero indietro con due pensieri, due concetti, due idee: ecco dov’è una grande bellezza delle evoluzioni delle lingue, che non chiudono ma aprono.

Davide Pascarella