Azazel, il demone del deserto descritto nel Levitico

Parlando di Azazel, il demone del deserto, è opportuno innanzitutto precisare che non siamo nell’ambito della letteratura fantasy e delle sue bizzarre creature. Troviamo Azazel nella Bibbia e precisamente nel libro del Levitico.

Questo scritto non è un libro qualsiasi: occupa infatti una posizione di grandissimo rilievo all’interno della Bibbia ebraica. Il levitico appartiene al Pentateuco, la cosiddetta Torah, i libri dal massimo valore normativo per la tradizione ebraica. Non solo: trovandosi dopo Genesi ed Esodo e prima di Numeri e Deuteronomio, il libro del Levitico si trova esattamente al centro del Pentateuco. Fatti questi chiarimenti, è possibile iniziare a capire la rilevanza del tema in questione.

Azazel

Azazel, un problema non risolto

 Stupisce leggere quanto scrive Deiana su Azazel nella sua analisi al libro del Levitico:

Azazel, presenta difficoltà praticamente insolubili, in quanto gli studiosi non sono d’accordo su nulla[1].

L’analisi filologica del termine è resa più ardua dall’etimologia incerta dell’ebraico biblico Azazel (ăzā’zēl); nonostante ciò, è possibile arrivare a delle conclusioni sufficientemente stringenti come fa Deiana.

Riportiamo il testo biblico di Levitico 16, 5-10 per delineare il contesto in cui troviamo il termine Azazel:

Dalla comunità degli Israeliti prenderà due capri per il sacrificio per il peccato e un ariete per l’olocausto. Aronne offrirà il proprio giovenco del sacrificio per il peccato e compirà il rito espiatorio per sé e per la sua casa. Poi prenderà i due capri e li farà stare davanti al Signore all’ingresso della tenda del convegno e getterà le sorti sui due capri: un capro destinato al Signore e l’altro ad Azazel. Aronne farà quindi avvicinare il capro che è toccato in sorte al Signore e l’offrirà in sacrificio per il peccato; invece il capro che è toccato in sorte ad Azazel sarà posto vivo davanti al Signore, perché si compia il rito espiatorio su di esso e sia mandato poi ad Azazel nel deserto.

Il contesto è quello delle prescrizioni sacerdotali per il corretto svolgimento dei sacrifici nel giorno della grande espiazione, il celebre jôm kippûr, tuttora celebrato dalla comunità ebraica osservante[2]. Il sedicesimo capitolo del Levitico è entrato nel patrimonio culturale occidentale attraverso dei termini divenuti noti come “espiazione” e “capro espiatorio”.

Il rito prevede l’espiazione dei peccati del popolo attraverso il sacrificio di due capri: uno, destinato a Dio, viene immolato e l’altro, destinato ad Azazel, non viene sacrificato ma mandato a morire nel deserto, da Azazel appunto.

Azazel e gli angeli ribelli

Azazel ricorre nella Bibbia solamente 3 volte, sempre nel sedicesimo capitolo del libro del Levitico e nel medesimo contesto che non offre ulteriori spiegazioni. Il problema stesso del termine Azazel viene liquidato dalla tradizione greca ed in seguito da quella latina. Azazel, infatti, è tradotto in greco non con un nome proprio, ma con il nome comune ‘apopompaios’ cioè ‘colui che porta via’, che in latino sarà reso con caprum emissarium’: il capro emissario appunto, perché l’animale in questione, che diverrà poi celebre come capro espiatorio, veniva mandato via.

Azazel

Anche la tradizione rabbinica era discorde sull’interpretazione del termine Azazel. Per alcuni significava ‘duro ed aspro’ in riferimento al luogo in cui il capro veniva mandato, quindi all’asperità del deserto. Per altri, e questa è la versione da preferire, come mostreremo, Azazel richiamava l’episodio della punizione dei due angeli ribelli Uzza e Azael.

La premessa da fare prima di approfondire la questione è che la Bibbia, come oramai è noto, è uno scritto fortemente eterogeneo, composto da innumerevoli tradizioni. Possiamo distinguere due tipi di approcci scientifici, entrambi imprescindibili: quello sincronico e quello diacronico.

Quello sincronico studia il testo in quanto tale, nella sua forma finale. Infatti, il redattore di fatto lo ha voluto e compreso così, accorpando delle tradizioni, scegliendone alcune ed omettendone altre. L’approccio sincronico cerca di comprendere il senso che il testo aveva per l’Autore finale, il redattore.

Lo sguardo diacronico studia invece la formazione del testo nel corso della storia, ovvero il significato originario delle singole tradizioni o parole prima che venissero unite in un brano ed assumessero, talvolta, un significato diverso.

Naturalmente l’ispirazione come Parola di Dio è al livello finale del testo, ma è imprescindibile capire come esso si sia formato. Per questo non deve stupire che il testo biblico sia connesso a svariate credenze e mitologie antiche: una connessione semantica non implica un’ispirazione, essa non è transitiva agli altri brani connessi con la Bibbia.

Azazel: una valida soluzione

Se le versioni greche o rabbiniche divergono come interpretazione, esse però suppongono tutte una determinata grafia di Azazel e cioè questa (‘ăzaz’ēl). Al contrario nella Bibbia ebraica che possediamo, quella vocalizzata nel medioevo dai Masoreti, Azazel è scritto in un altro modo, ovvero così (ăzā’zēl).

 La minima differenza suggerisce però la soluzione: infatti la versione da preferire, quella più antica, non è quella trasmessa dalla Bibbia dei Masoreti, ma l’altra, così come confermano gli scritti biblici ritrovati nelle grotte di Qumran a metà del XX secolo.

La versione rabbinica della punizione degli angeli Uzza ed Azael è da preferire proprio perché Azazel (scritto nella versione più antica) è, nel libro extrabiblico o apocrifo di Enoc, il capo degli angeli ribelli. Probabilmente un copista, scandalizzato dalla somiglianza del testo biblico con quello apocrifo, corresse la grafia di Azazel per distinguerlo. Questa correzione è un indizio prezioso che trova conferme autorevoli.

Al di là della traduzione italiana del testo biblico riportata sopra, una traduzione più aderente all’ebraico e al contesto suggerisce che il capro inviato nel deserto abbia lo scopo di espiare per Azazel. Il libro di Enoc e la tradizione rabbinica del Talmud di Babilonia non lasciano dubbi.

Azazel

Gli angeli ribelli con a capo Azazel peccano avendo rapporti sessuali con le donne e rivelando agli uomini le arti della guerra e alle donne le arti della seduzione e della cosmesi. Sconfitti e messi di fronte al loro misfatto, essi si pentono del loro operato. Il mito prosegue con la descrizione della loro pena: Dio per espiare li confina in un deserto a 12km da Gerusalemme (lo stesso deserto in cui in Matteo 4 Gesù fu tentato dal diavolo per Deiana). Gli angeli sono condannati a stare legati nel deserto e nel fuoco per 10000 secoli.

Diventa chiaro perciò il senso di Levitico 16 e quindi di Azazel. Il rito testimonia una credenza antica, quella del capro inviato nel deserto per espiare a favore del peccato degli angeli, successivamente rielaborata. Il testo biblico, infatti, abbandona questo mito e il senso dell’espiazione è oramai solo per i peccati del popolo. Rimangono soltanto poche tracce della credenza antica: Azazel è sì nominato 3 volte, ma en passant, senza che il suo ruolo e la sua figura vengano trattati.

Christian Sabbatini

Bibliografia

G. Deiana, LEVITICO. Nuova versione, introduzione e commento di Giovanni Deiana, Paoline, Milano 2005 (I LIBRI BIBLICI, Primo Testamento 3), 160-170.

L. Koehler-W. Baumgartner, The Hebrew and Aramaic Lexicon of the Old Testament, Brill, Boston 2001, 806.

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[1] G. Deiana, LEVITICO, 166.

[2] Limitiamo la nostra esposizione esclusivamente ad Azazel, senza addentrarci nella teologia dell’espiazione e dei sacrifici in Levitico, perché meriterebbero una trattazione a parte.