Sacerdotesse: le donne sacre della Napoli greca

Nel corso della storia dell’umanità, il ruolo della donna ha subito un processo evolutivo, o involutivo per certi altri aspetti culturali, determinando, nel corso dei secoli, una trasformazione sia del proprio essere sia del suo rapporto con le forze dell’universo. Sin dalla preistoria, la femminilità era legata al carattere principale dell’esistenza: la fecondità e, quindi, la continuazione della specie. In tal senso, il ruolo preponderante della donna nelle società primitive è testimoniato dalle numerose divinità femminili e dalla presenza di una figura costante, una sorta di guida spirituale con il compito di fare da tramite tra il mondo sensibile e quello irrazionale degli dei: le sacerdotesse.

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La sacerdotessa

Sacerdotesse: profili di donne

Grazie alla sua capacità di generare una nuova vita, la donna della preistoria era considerata una creatura magica, conscia di quei misteri esistenziali che appartengono alla sfera divina. Le sciamane e, successivamente, le sacerdotesse diventano depositarie di una conoscenza arcana, consapevoli delle energie che percorrono la sfera invisibile dell’esistenza. In esse si verificava il più grande dei misteri: la vita. Il ciclo mestruale era il periodo mensile durante il quale la donna era in possesso di capacità intuitive e di un forte legame con la Madre Terra.

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Donna sacerdotessa: la vita

La sacerdotessa era una figura mistica, che nell’ambito del villaggio forniva, attraverso rituali specifici, l’aiuto necessario per il passaggio dalla vita alla morte. Conosceva le arti magiche della guarigione e quelle della fertilità, stabilendo un rapporto di equilibrio tra la potenza maschile e l’energia femminile.

Con l’avvento di società maschiliste, il sistema degli ordini divini soppianta le figure femminili: Zeus è il padre di tutti gli dei e di tutti gli uomini. L’uomo conquista il suo predominio sociale, relegando la donna ai confini di una “vita nell’ombra”. La donna greca divenne spettatrice dell’esistenza tra le mura fredde del gineceo. L’unica via d’uscita era il sacerdozio. La sacerdotessa aveva il compito di interpretare i segni divini e di comunicarli alla collettività; doveva prendersi cura della statua della divinità e dei templi. Inoltre, poteva prendere parte alle festività pubbliche e avere libertà di parola, seppur limitata rispetto all’uomo.

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Sacerdotessa di Apollo

Tuttavia, si trattava di una libertà limitata, soprattutto nel periodo di transizione al patriarcato. L’altro lato della medaglia scopre l’intrusione maschile nei misteri femminili della vita: le sacerdotesse avevano anche il compito di procreare figli delle divinità, prevalentemente maschi. Marguerite Rigoglioso, nella sua opera “Partenogenesi, il culto della nascita divina nell’Antica Grecia”, in cui espone la sua tesi riguardante il ruolo svolto dalle sacerdotesse greche dedite alle pratiche partenogeniche, scrive:

Quando il frutto di queste unioni era un bimbo, come avveniva nella grande maggioranza dei casi, era generalmente onorato come il fondatore di un lignaggio e la cittadina, la città, la colonia o la caratteristica geografica (un monte) a cui era associato spesso prendeva il nome da lui. Se si trattava di una bambina, invece, era spesso considerata una “ninfa” come la madre e ne seguiva le orme avendo dei figli da un dio oppure diveniva la moglie dell’eroe/condottiero/re locale.”

Un insegnamento per la donna – sacerdotessa, che deve adempiere con obbedienza ai suoi compiti, proviene dalla mitologia: Cassandra, la profetessa inascoltata, dotata del dono della preveggenza, ma condannata a non essere mai creduta per aver rifiutato di giacere con il dio Apollo.

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Evelyn De Morgan, Cassandra 1898

Nonostante ciò, le sacerdotesse ebbero un ruolo preponderante nell’ambito dell’attività della poleis, fondando dei veri e propri collegi, che si radicarono anche in altre città greche, tra cui Napoli.

Sacerdotesse napoletane

Cicerone nell’opera Pro Balbo riporta che le sacerdotesse votate al culto di Cerere venivano scelte principalmente a Napoli o a Velia, zone della Magna Grecia in cui questi culti mantennero per diverso tempo le caratteristiche originarie. In effetti, Napoli conserva nei suoi vicoli ombrosi le tracce della presenza di sacerdotesse di Cerere: una lapide murata in una parete presso la chiesa di San Paolo ricorda il nome di una certa Cominia Plutogenia, sacerdotessa di Cerere; scomparsa dalla chiesa, essa fu ritrovata intorno al XIX secolo in un palazzo al civico 62, tra Via dei Tribunali e Piazza San Gaetano.

A San Gregorio Armeno, accanto alla bottega n. 13, si vede in bassorilievo una canefora che porta doni in processione a Cerere. Nel 1985 alcuni ritrovamenti fecero supporre la presenza di un tempio dedicato a Demetra e Kore presso l’Ospedale degli Incurabili. Le “pietre di Napoli” confermano il ruolo non marginale della donna, ricordandoci costantemente il passato di una città antica. Inolte, al Museo Archeologico di Napoli è conservato un reperto raffigurante una sacerdotessa isiaca con acconciatura “a melone”, in atteggiamenti che richiamano il rituale delle cerimonie della dea egizia.

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bassorilievo in Via San Gregorio Armeno

Oltre alle Sibille, Demetra, Core e Aristagora sono le sacerdotesse più venerate della Campania. Demetra/Cerere è la sacerdotessa simbolo della madre, divinità legata alla terra e trasformata nel culto cristiano della Mater Matuta. Alcuni ritengono che da Demetra, spesso rappresentata con un tamburo, provenga la danza tipica della tamurriata. Aristagora è la sacerdotesse di Leucotea, la cui testimonianza risiede presso l’ipogeo greco di via dei Cristallini, al quale si accede dal cortile dell’ex palazzo Di Donato. In una remota stanza, incise su un muro ci sono iscrizioni in lingua greca, tra cui quella dedicata alla sacerdotessa. I resti di un antico tempio dedicato a Leucotea sono stati ritrovati di recente negli scavi della metropolitana di Napoli, nei pressi del porto.

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Leucotea e Ulisse

La presenza femminile nel mondo della religiosità è radicalmente cambiata: alle donne non è più concesso il sacerdozio perché “Gesù è un uomo”, risponderebbe un parroco al quale, per curiosità, si pone il quesito. La società moderna non sembra riconoscere più il valore della donna di dimostrare, attraverso il corpo, il suo legame con la creazione. È il risultato di un progresso intellettuale, che ha mutato la vita associativa dell’individuo. Tuttavia, l’archetipo della sacerdotessa, della donna saggia, conoscitrice delle arti della guarigione, trova una evoluzione nell’emancipazione della donna soprattutto in medicina, a partire da nomi illustri, come quello di Elisabeth Balckwell prima donna medico, laureatasi nel 1849 dopo solo due anni di studio.

Il mondo è un giardino pieno di misteri e la donna è certamente uno di questi.

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Giovannina Molaro

Bibliografia:

A.Maiuri, Passeggiate campane, III ed. , Firenze, 1957

C. De Frede, Il Decumano maggiore da Castelcapuano a San Pietro a Maiella, Napoli, Liguori, 2005

Sitografia:

Il Tempio di Sophia Luna.it

http://www.cir.campania.beniculturali.it/itinerari-tematici/nei-siti-culturali/GRPT_INT2/T_INT16/RA475/scheda_view