Il piano-sequenza: lo sviluppo dialettico e tecnico

Come abbiamo già accennato nello scorso articolo, con l’espressione piano-sequenza si indica un’inquadratura che svolge da sola il ruolo di un’intera scena. Il termine piano-sequenza non è da confondere con quello di long take, essa si tratta solo di una delle inquadrature (di certo la più articolata e complessa) che compongono la scena.

Il piano-sequenza, uno sviluppo dialettico

piano-sequenza

Il termine plan-séquence nasce in Francia per opera di André Bazin, quando scrive il testo dedicato a Orson Welles nel 1950. Inizialmente, però, Bazin lo introduce per mettere in evidenza una modalità di regia che vuole privilegiare la ripresa di un’azione in un’unica inquadratura senza l’utilizzo del montaggio e, quindi, del découpage classico. Nella sua trattazione, infatti, usa indistintamente i termini sequenza, scena, azione ed episodio come se fossero semplicemente dei sinonimi.

piano-sequenzaPochi anni dopo, nel 1966, Chistian Metz nel saggio La grande syntagmatique du film narratif [1] individua un modello di sequenza (i sintagmi filmici) connesso alla dimensione narrativa del film e, in particolare, si riferisce al piano-sequenza come un sintagma autonomo. Il piano-sequenza è, quindi, un’unità narrativa relativamente compiuta che è composta da una sola inquadratura che deve essere una sequenza (sintagma).

Ma, ciò che tende a sottolineare lo studio svolto da Bazin, è che la realizzazione di un piano-sequenza presuppone una consapevole scelta di regia e non rappresenta, quindi, un ritorno all’inquadratura fissa del cinema dell’MRP.

Esso è, a tutti gli effetti, uno sviluppo dialettico.

Sempre secondo Bazin, il piano-sequenza è una tecnica di ripresa intrinsecamente realista, poiché essa rispetta la durata della realtà. Se con il découpage si seziona il tempo e lo spazio, mostrandoci solo ciò che è funzionale al procedere dell’azione, il piano-sequenza lascia che gli eventi si dispieghino liberamente di fronte all’obiettivo.

Il piano-sequenza condivide con la realtà fenomenica una struttura caotica, piena di pause e incongruenze, là dove invece il montaggio classico punta a eliminare tutti gli elementi superflui.

Pier Paolo Pasolini, nel saggio del 1967 Osservazioni sul piano-sequenza, evidenzia anch’esso la coincidenza tra la continuità spazio-temporale di un piano-sequenza e la rappresentazione della realtà ma, questa realtà, può essere solo l’equivalente di una soggettiva. Il fatto che non ci sia il montaggio, obbliga il regista ad aderire ad un unico punto di vista soggettivo, parziale e impreciso.

I piani-sequenza della storia del cinema

Sono molti gli esempi di piani-sequenza su cui ci si può soffermare:

* Scarface (1932, Howard Hawks): comincia con un piano-sequenza di oltre tre minuti, in cui si ricorre sia a un lungo movimento di macchina sia, per qualche secondo, alla profondità di campo.

https://www.youtube.com/watch?v=47ntcosnWsQ

* Nodo alla gola (Rope – 1948, Alfred Hitchcock): un caso limite di uso del piano-sequenza, un film di 80 minuti realizzato con sole otto inquadrature (la durata massima di una bobina era di 10 minuti). La storia è ambientata in un appartamento, tutto avviene in una perfetta continuità e, per mascherare gli inevitabili stacchi dovuti all’esaurirsi della pellicola, Hitchcock oscura il quadro stringendo su un oggetto nero da cui fa ripartire l’inquadratura successiva.

* Cronaca di un amore (1950, Michelangelo Antonioni): colloca la macchina da presa sul ponte dove si incontrano i protagonisti riuscendo a cogliere tutta la complessità spaziale ed emotiva.

piano-sequenza

* L’infernale Quinlan (Touch of Evil – 1958, Orson Welles): è uno dei piano-sequenza più famosi della storia del cinema, attraversa il confine tra il Messico e gli Stati Uniti con un’unica inquadratura che si conclude con l’esplosione dell’automobile.

* Fino all’ultimo respiro (À bout de souffle – 1960, Jean-Luc Godard): in questo film, Godard, evidenzia tutto ciò che il cinema classico aveva sempre trascurato: l’irrilevante. Egli lo trasforma in un evento anche proprio attraverso l’uso di piani-sequenza, sottolineando l’innovazione del suo cinema e la volontà di reinventare quello classico.

Ci sarà poi il progressivo miglioramento della steadycam, grazie alla quale dagli anni Novanta sarà sempre più semplice ammirare dei piano-sequenza di buona fattura e complessi. Possiamo ricordare, fra i tanti, Quei bravi ragazzi (Martin Scorsese – 1990) o Omicidio in diretta (1998 – Brian De Palma).

Con l’avvento del digitale, poi, Aleksandr Sokurov riuscirà a battere il record di Hitchcock e girerà Arca Russa (2002): una singola ripresa di ben 96 minuti, sono stati necessari 4 tentativi affinché la ripresa potesse riuscire perfettamente!

piano-sequenza

Il 2014, invece, sarà l’anno di Birdman (Alejandro González Iñárritu): si tratta di una composizione di due piano-sequenza attraverso i quali si tenta di far sentire lo spettatore intimamente legato ai personaggi e alle loro storie.

«In realtà ognuno di noi vive in un piano sequenza»[2]

Cira Pinto

Fonti:

* Paolo Bertetto, Introduzione alla storia del cinema.

* A. Bazin, Orson Welles.

* A. Bazin, Pour en finir avec la profondeur de champ, in “Cahiers du cinéma”, 1951.

* A. Bazin, L’évolution du langage cinématographique, in Qu’est-ce que le cinéma?.

* Ch. Metz,Semiologia del cinema, Milano.

* P.P. Pasolini, Osservazioni sul pianosequenza, in Empirismo eretico.

1Rivisto due anni dopo in “Essais sur la signification au cinéma”.
2González Iñárritu, video intervista fatta da Claudio di Biagio.