Fede: gli oggetti della devozione a Napoli

La Fede è onnipresente in una città cattolica come Napoli. Tantissimi sono gli oggetti di devozione, tra cui il rosario, il sangue di San Gennaro e la sedia della fertilità

Fede e devozione

Nella Bibbia, Dio ordina di non adorare gli oggetti, così com’è scritto nel libro dell’Esodo 20,4:

«Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra».

Tuttavia, nel corso dei secoli, la fede cattolica è stata costellata da immagini e oggetti sacri, nei confronti dei quali c’è sempre stato un fiume di venerazione. Forse mai come nei secoli XVI e XVII il cattolicesimo italiano, largamente influenzato dal modello spagnolo, è stato una religione delle “cose”.
Ma ancora oggi, nel XXI secolo, il “culto degli oggetti” persevera e Napoli è piena di “simboli di fede”, che gli scettici chiamerebbero “simboli mistici” perché “misteriosi” se ci si rifà al senso letterale del termine (dal greco: μυστικός, per l’appunto “misterioso”).

Il sangue di San Gennaro: il grande “mito” della fede napoletana

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Il sangue di San Gennaro

L’ esempio più noto della simbologia sacra napoletana è  rappresentato dal “mito religioso” del sangue di San  Gennaro.
Si narra che nell’anno 305 fu tratto in arresto il capo della  comunità religiosa di Benevento, un certo Gennaro. La  tradizione stabilisce che Gennaro fu condotto a Pozzuoli ed in quell’Anfiteatro fu decapitato.
Da Pozzuoli, poco tempo dopo, il corpo del martire fu trasferito a  Napoli ed in quella occasione avvenne un fatto straordinario,  così raccontato nella storia del canonico:

« Le ampolle, dice la leggenda, erano custodite da Eusebia, nutrice del santo e solo dieci anni più tardi, quando cioè il corpo del santo trionfalmente veniva portato in processione a Napoli, passando per Antignano la vecchietta che abitava in quei pressi, le cacciò fuori in quella circostanza, per consegnarle nelle mani del Vescovo S. Zosimo o Cosma, che guidava il corteo. Infatti appena esse furono da lui poste sull’urna, il sangue coagulato e disseccato, sembrò rivivere liquefacendosi ».

Oggi le due ampolle, fissate all’interno di una piccola teca rotonda realizzata con una larga cornice in argento e provvista di un manico, sono conservate nella cassaforte dietro l’altare della Cappella del Tesoro di San Gennaro. Tre volte l’anno durante una solenne cerimonia religiosa guidata dall’arcivescovo, i fedeli accorrono per assistere al miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro. La liquefazione del tessuto durante la cerimonia è ritenuto foriero di buoni auspici per la città; al contrario, si ritiene che la mancata liquefazione sia presagio di eventi fortemente negativi e drammatici per la città.

La corona del rosario: la fede come protezione

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Il rosario

A Napoli il costume diffuso fa ritenere ancora la corona del rosario, oltre che uno strumento di preghiera, un oggetto dotato di particolari caratteristiche sentite come “fisicamente” rilevanti, caratteristiche che fanno di esso uno dei mezzi dotati di un potere protettivo capace di accompagnare nella vita e oltre la vita colui o colei che lo porta; ed è per questo che, quando una persona muore, ancora oggi molti usano porre una corona tra le mani del defunto. La corona, più che uno strumento di preghiera sembra un “oggetto totemico” di protezione fisica e spirituale.

Il rosario, la cui “invenzione” si attribuiva a San Domenico, sarebbe poi diventato uno degli oggetti-simbolo della tradizione femminile. Cesare Vecellio ci descrive il modo di vestire delle donne napoletane del Cinquecento che portavano sempre una corona, soprattutto perché influenzate dai padri gesuiti. Molto interessanti sono l’immagine della Nobile di grado del Regno di Napoli e quella della Citella Napolitana.

Tuttavia, molte immagini riconducono il rosario ad una devozione maschile. Ad esempio, un dipinto napoletano che si trova nella chiesa di San Pietro Martire, di Azzolino, rappresenta San Domenico che dispensa i Rosari e questa iconografia dà un’immagine “maschile” di questo strumento di preghiera: tra le oltre venti persone che stringono tra le mani la corona, uomini di ogni età e condizione, mendicanti e aristocratici, frati in abito religioso e laici, non c’è nessuna donna. Questo riferimento fa capire che il rosario non è e non è stato l’oggetto di culto esclusivo delle donne.

La sedia della fertilità: fede e speranza

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La sedia della fertilità

Un ultimo emblematico esempio di simbolo tra Fede e misticismo è la Sedia della fertilità, una sedia presente nella piccola chiesa-museo dedicata a S. Maria Francesca, situata tra vicoli dei Quartieri Spagnoli, precisamente in Vico Tre Re a Toledo. Si tratta di una sedia dove si appoggiava nei momenti di maggiore sofferenza Anna Maria Rosa Gallo, meglio conosciuta e venerata come santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe (Napoli, 25 marzo 1714 – 6 ottobre 1791).

Le donne che hanno problemi di fertilità fanno la fila per sedersi sulla “sedia santa”, ritenuta oggetto miracoloso. Le donne che riescono ad avere un pargoletto, ritornano per lasciare un dono alla santa, come segno di ringraziamento e con la luce negli occhi di un sogno realizzato.

“Fenomeni” antichi e moderni ci fanno riflettere che, al di là della scientificità di questi avvenimenti, al di là del conflitto tra Fede e Scienza, c’è il cuore di un popolo che cerca conforto, amore, speranza. Nell’arte e nel fascino dei simboli, deve pur esserci un fondo di verità.

Raffaela De Vivo

Bibliografia:
G. Galasso-A. Valerio, Donne e Religione a Napoli. Secoli XVI-XVIII, Milano, 2009.

Sitografia:
http://www.laparola.net/testo.php?riferimento=Esodo+20%2C4-5&versioni%5B%5D=C.E.I.&utf8=1
http://camcris.altervista.org/sangenn.html
https://it.wikipedia.org/wiki/San_Gennaro
http://www.diariopartenopeo.it/la-sedia-della-fertilita-e-quel-pellegrinaggio-nei-vicoli-dei-quartieri-spagnoli/