Il Decameron di Boccaccio: la democrazia dell’eros

Il Decameron è uno dei capolavori immortali della nostra letteratura. Dietro l’imponente struttura di questa raccolta di novelle, capostipite della prosa narrativa italiana, e dietro le segrete corrispondenze interne e la sorprendente modernità dell’opera c’è tutta la potenza di una mente geniale, Giovanni Boccaccio. Come abbiamo visto in un precedente articolo, la formazione di questo autore fu divisa tra la vivace corte d’Angiò e la fervente Firenze del Trecento.

I fiumi d’inchiostro che sono stati versati nei secoli sul Decameron continueranno per sempre a scorrere con brio, poiché questo capolavoro è in grado suggerire eternamente nuovi spunti interpretativi.

La struttura dell’opera (cento novelle narrate nell’arco di dieci giorni), i suoi temi principali (l’amore, la fortuna, il vizio, la virtù, l’industria umana…), le sue finalità e la sua varietà espressiva e linguistica sono ampiamente conosciuti.

Decameron
“A Tale from Decameron”, John William Waterhouse, 1916.

In questo articolo ci dedicheremo, perciò, ad analizzare solo uno degli aspetti più caratterizzanti del Decameron: l’amore. E cercheremo, soprattutto, di comprendere perché l’eros del Decameron è stato definito democratico.

L’amore nel Decameron di Boccaccio

Nell’ottica incredibilmente moderna di Boccaccio l’amore è inteso come una forza irrazionale che rientra nella sfera degli impulsi naturali di ciascun essere umano. In questo modo il concetto di amore si carica di una molteplicità di significati – e soprattutto di forme – che sembrano rispecchiare l’eclettica realtà rappresentata dall’intera opera.

Decameron
“Il Convegno”, Ambrogio Alciati, 1918

È così che l’amore può essere interpretato come pulsione sessuale fine a se stessa, come passione oscura e torbida, come gelosia incontrollabile o esperienza nobilitante. Ed è proprio l’amore a stuzzicare la vanità dell’ingegno e l’arte della seduzione dei protagonisti delle varie novelle: l’industria umana, altro tema fondamentale nel Decameron, spesso viene messa al servizio di questo incontrollabile sentimento.

Concepire l’amore alla luce di queste considerazioni significa innanzitutto consacrarlo profanamente ad una posizione di universalità: si parla proprio allora di democrazia dell’eros. Ma che vuol dire questa espressione?

L’amore, cieca forza naturale

Tutto ruota intorno al fatto che nel Decameron l’amore è considerato un impulso assolutamente naturale. Questa sua naturalità lo pone, spesso avvantaggiato, su un terreno di scontro con le convenzioni e le regole della società.

I ruoli sociali rappresentati nelle novelle – non cristallizzati, certo; ma pur sempre molto rigidi – vengono così capovolti e messi in gioco dalla forza maliziosa e silenziosa dell’amore.

Decameron
“L’abbraccio amorevole dell’universo, la terra, Diego, io e il signor Xolotl”, Frida Kahlo, 1949

Innanzitutto, l’amore è democratico perché colpisce tutti, senza distinzione: l’esempio più eclatante è quello di Simona e Pasquino (IV, 7), protagonisti di un amore tragico e sublime pur essendo due popolani.

Ma, soprattutto, l’amore riesce a rompere gli ipocriti equilibri imposti dalle differenze sociali.

Basti pensare all’ultima novella narrata, la novella di Griselda (X, 10). Essa rappresenta l’apice di un ideale percorso che, dal lordo vizio di peste e corruzione che dà inizio all’opera, conduce alla commovente storia di un’eroina la quale, seppur serva, diventa moglie d’un nobile.

Simile nella sua essenza alla novella di Griselda, ma con i ruoli invertiti, è la storia di Ghismunda e Tancredi (IV, 1). Lei figlia del prenze di Salerno, lui servo di corte, aguzzeranno il loro ingegno in astute trovate pur di potersi amare, e in virtù della loro sincera e disinteressata passione riusciranno a coronare brevemente il loro sogno. Salvo poi essere costretti a soccombere tragicamente proprio a causa di quelle convenzioni sociali che il loro amore aveva tentato di contrastare.

Il ruolo attivo delle donne

Altro indubbio elemento di “democrazia” dell’eros di Boccaccio è il ruolo attivo giocato dalle donne protagoniste delle novelle. Basti solo ricordare la figura di Monna Filippa (VI,7). Filippa, condannata a morte per adulterio, sostiene davanti al giudice di essersi sempre dimostrata disponibile ad appagare i desideri di suo marito.

Pur tuttavia, ella chiede provocatoria ai presenti, cosa deve fare dell’eros che le resta?:

[…] debbolo io gittare a’cani? Non è egli molto meglio servirne un gentiluomo che sé m’ama, che lasciarlo perdere o guastare?

La democrazia dell’eros

L’amore è una forza cieca, spesso arbitraria, incomprensibile. È governato da leggi che conosce lui soltanto e applica senza regolarità. Colpisce tutti, dal mercante alla borghese, dal nobile alla serva, dal contadino alla dama, dal giovane al vecchio, dal ricco al povero, senza distinzione alcuna.

In questo proprio sta il suo essere universale, il suo essere democratico.

Inesorabile, si insinua lento tra le ipocrisie sociali e cerca di sventarle. Spesso sconfitto, mai distrutto del tutto.

Beatrice Morra

Bibliografia

I tre libri della letteratura – Origini_Seicento, M. Santagata, L. Carotti, Laterza.

Il canone letterario –la letteratura italiana nella tradizione europea, vol 1., H. Grosser, Principato.

Dal testo alla storia dalla storia al testo, vol. 1B, G. Baldi, S.Giusso, Paravia.